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Berlusconi tra servizi sociali e diritto di fare politica

E così, salvo sorprese, il Cavaliere (lo rimarrà in eterno, anche senza decorazione) dovrà assistere persone anziane e disabili in un centro a poca strada da Arcore per mezza giornata alla settimana e per dieci mesi e mezzo. Un sacrificio modesto: lui si emenderà senza fatica e proverà per la prima volta dopo molti anni l'ebbrezza di trascorrere qualche ora tra persone normali, sfortunate e disinteressate. C'è da giurare che si farà carico dei disagi di molte famiglie e che gli ospiti del centro si divertiranno non poco. Sarà un'esperienza utile a tutti. A chi dovesse obiettare che un sacrificio così modesto è una mezza burletta, si può rispondere che una situazione di questo genere va gestita con molto buonsenso. Ogni volta che Berlusconi si muoverà verso e dal luogo di espiazione, sarà seguito, accolto e salutato da una selva di telecamere. Immaginate che circo internazionale ne verrebbe fuori se un esercizio del genere si ripetesse ogni giorno. C'è quindi da sperare che il collegio di magistrati e di esperti che deciderà sulla sorte del Cavaliere accetti la proposta della difesa, confortata dal parere favorevole del procuratore generale che ha fatto proprio, a sua volta, quello tecnico dell'ufficio che soprintende a questo genere di attività.

Il problema più delicato è tuttavia la gestione del grande tempo libero che resterebbe a Berlusconi. Normalmente, i condannati a svolgere un servizio sociale sono padroni assoluti della propria giornata, con il solo obbligo di rincasare entro le 23 e di coordinare i propri movimenti con i permessi e le decisioni di chi deve sorvegliarli. Sarà garantita al Cavaliere la piena agibilità politica indispensabile in campagna elettorale? Se così non fosse, Berlusconi ne sarebbe non uno dei protagonisti, ma «il» protagonista perché costretto al silenzio o comunque a limitazioni fortissime alla propria libertà di movimento e di partecipazione ai programmi televisivi. (Si aprirebbe qui, tra l'altro, un problema a noi gestori della faticosissima par condicio televisiva. Tre soli uomini politici fanno ascolti da sballo: Grillo, Renzi e appunto Berlusconi. Grillo, si sa, finora si è sottratto ai dibattiti televisivi e sta facendo la sua campagna con spettacoli a pagamento - in cui fa pochissima propaganda diretta - e con il suo blog. Renzi sbanca l'auditel anche quando starnutisce e solo Berlusconi riesce a stargli più o meno alla pari. Il Cavaliere e l'esponente più brillante di Forza Italia che lo segue sono separati da una dozzina di punti di share, assolutamente irrecuperabili se lui fosse assente).

È evidente che nei suoi interventi durante i dieci mesi di espiazione Berlusconi dovrebbe evitare attacchi personali a singoli magistrati o a correnti della magistratura per una questione di buonsenso più che di divieto in senso stretto. Ma nessuno dovrebbe impedirgli, da leader politico, di auspicare una riforma profonda del sistema giudiziario. Questa auspicabile forma di continenza sarebbe utile al Cavaliere, costretto a cimentarsi soltanto con i problemi che oggi interessano di più agli italiani: come uscire dalla crisi. I milioni di persone che, nonostante tutto, sono orientate a votare per lui hanno bisogno di conoscere direttamente la sua posizione su come il governo sta cercando di uscire dalla crisi. È questo il ruolo del capo di una opposizione moderata che ha stretto con il capo del partito di maggioranza un patto per riformare lo Stato. Solo così Berlusconi riassumerebbe a pieno titolo la leadership visibile di un partito oggi troppo disorientato e diviso per essere credibile.

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