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Stato-mafia, dopo il ricovero Riina non partecipa all'udienza

PALERMO. Ha rinunciato a partecipare all'udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia in cui è imputato il boss Totò Riina. Non sono note le ragioni della decisione del capomafia, tornato in carcere dopo un breve ricovero all'ospedale milanese San Paolo, disposto a seguito del malore avuto da Riina martedì. L'udienza di oggi è destinata al controesame del pentito Francesco Di Carlo.


Ieri tre dei dieci imputati, gli ex ufficiali dei carabinieri Mario Mori, Antonio Subranni e Giuseppe De Donno hanno depositato alla corte d'assise, che celebra il processo, un'istanza di spostamento in altra sede giudiziaria, invocando la norma sul legittimo sospetto e sostenendo che il dibattimento metta a rischio l'incolumità pubblica. I tre carabinieri hanno chiesto anche la sospensione del processo, la corte all'udienza di oggi non ha ancora affrontato la questione.


Intanto, un magistrato della corte suprema giapponese, per motivi di studio, sta seguendo l'udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia. Ne ha dato notizia il presidente della corte d'assise che celebra il dibattimento, Alfredo Montalto. Il giudice è assistito da un interprete. «Dalle indagini fatte non risulta che la Yakuza abbia mai fatto una trattativa con lo Stato, nè che la criminalità organizzata sia infiltrata nelle istituzioni». Lo ha detto a margine del processo sul patto tra Cosa nostra e pezzi delle istituzioni il giudice della corte suprema di Tokyo Satoru Uchida, in Italia per studiare il sistema giudiziario. Il magistrato oggi ha seguito l'udienza del processo sulla trattativa Stato-mafia. Prima è stato a Roma e Firenze. Uchida, che ha 38 anni, prima di essere applicato alla Suprema Corte ha fatto il giudice penale a Fukushima. «In Giappone un processo penale viene definito nei tre gradi di giudizio in sei mesi-un anno», ha spiegato ai cronisti a margine dell'udienza. «In Giappone - ha spiegato - ci sono 3000 giudici e 2000 pm». Nel sistema processuale giapponese non esiste il carcere duro per i mafiosi.


AMMESSI I TESTIMONI NAIMO E TRANCHINA. Al termine del controesame del pentito Francesco Di Carlo la corte d'assise di Palermo accogliendo la richiesta della Procura, ha ammesso due nuovi testimoni: i pentiti Rosario Naimo e Fabio Tranchina. Tranchina dovrebbe deporre sui suoi rapporti con i boss Giuseppe e Filippo Graviano tra il 1991 e il 27 gennaio 1994 (data di arresto dei Graviano) e sulle confidenze ricevute da Giuseppe Graviano in occasione della cattura di Riina. Mentre Rosario Naimo sui suoi rapporti con alcuni degli imputati, in particolare con Salvatore Riina e Antonino Cinà nel corso del 1992. E più nello specifico - aveva spiegato il pm Di Matteo alla scorsa udienza - sulle confidenze e le preoccupazioni esternate da Cinà nel periodo intercorso tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio in merito alla gravità e delicatezza dei compiti affidatigli in quel periodo dai vertici di cosa nostra.

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