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Caltanissetta, le truffe allo Stato con le «slot» Un teste: ho perso 600 mila euro giocando

CALTANISSETTA. «Ho perso 600 mila euro in quelle macchinette... credo di dovere a Matteo Allegro ancora qualcosa come centomila euro». A dilapidare un enorme patrimonio è stato un professionista vittima della più sfrenata ludopatia. Un consulente del lavoro, V.G. che ieri è stato chiamato a deporre al processo «Les jeux sont faits» a carico di 51 imputati accusati, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, illecita concorrenza con violenza e minaccia aggravata dai metodi mafiosi, riciclaggio, concussione, corruzione, favoreggiamento, frode informatica e peculato (avvocati Bellini, Daniele, Panepinto, Tipo, Milazzo, Iacona, Dacquì, Di Giovanni, Fiore, Brivido, Di Proietto, Tesauro, Pastorello, Amico, Buscarino, Sinatra, Ambra, Caleca, Sammartino, Amato e Fioretto). Sono poliziotti, finanzieri, un vigile urbano, imprenditori del settore noleggio di videogames, titolari e gestori di bar, sale gioco e circoli ricreativi . Sono parte civile il Comune (avvocato Palermo), Agenzia delle entrate e ministero degli Interni (avvocato Faraci).
«Metà di quei soldi li persi in contanti, il resto in assegni». Già perché il professionista ha spiegato come è entrato in quel tunnel del gioco d’azzardo per non uscirne più. Di come ha sperperato quell’enorme patrimonio tutto nelle slot del «Bet Games Group» di via Paladini, che fa capo alla famiglia Allegro.
«Quando rimanevo senza soldi - ha spiegato il consulente del lavoro parlando al cospetto del tribunale - davo assegni a Matteo Allegro e da lui ricevevo in cambio liquidi. Poi restituivo il denaro, ma credo di dovergli ancora un centinaio di migliaia di euro». È stato un racconto a tratti doloroso il suo.
Poi una dipendente degli Allegro, Valentina V., con mansioni amministrative in seno alla stessa società, ha spiegato avere tenuto, per conto dell’azienda, rapporti con le banche, con i gestori, di curare l’aspetto delle licenze e di avere avuto, in tal senso, anche contatti con la questura.
«In occasione delle festività natalizie - ha spiegato la teste - portavo regali ad esponenti delle forze dell’ordine». E ha sostenuto di avere regalato loro tvcolor, personal computer, orologi, indicando pure chi fossero i destinatari. Tutti con la divisa indosso. Ma anche aggiunto che un dirigente della questura, «a cui portai una scatola di dolciumi - ha spiegato - il giorno dopo telefonò per parlare con Matteo Allegro, per restituirgli una penna, una ”Montblanc”, che aveva trovato tra i dolci, dentro quella scatola». Un altro dipendente e parente degli Allegro, Salvatore V. (fratello della moglie di Matteo Allegro ndr.) che si occupava della parte grafica dell’azienda ha affermato di avere effettuato qualche viaggio di lavoro, con i titolari, a Roma.
Altra deposizione quella di Maurizio G. che ha riferito «di una lite con Marco Angotti», il braccio destro di Matteo Allegro. Tutto sarebbe nato dal pestaggio di cui lo stesso Angotti si sarebbe reso protagonista ai danni del fratello minore, Giuseppe G., del testimone di ieri (Maurizio G.), ritenendolo l’autore dello scippo ai danni di una donna. Così, secondo quanto riferito ieri dal teste, Angotti avrebbe spedito suo fratello al pronto soccorso.

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