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Con la sindrome di «Mngie» sin dalla nascita Niscemi, appello dei genitori

La madre Annalisa, giovane di 22 anni, ha smesso di lavorare dopo la nascita del piccolo, mentre il marito, Eduart Saliaj, è un operaio albanese di 31 anni che, però, effettua lavori saltuari

NISCEMI. Joele è un bel bambino di 10 mesi, biondo, dagli occhi azzurri. A vederlo sembra un bambino come tanti altri. Ma la sue breve esistenza è stata tormentata, sin dalla nascita prematura, da una terribile malattia, una delle più rare, per la quale ancora non ci sono cure certe. "La diagnosi - dice Annalisa Valenti Galesi, la mamma di Joele - è stata fatta a voce, ma mai per iscritto, da un medico dell'ospedale di Catania. Mi ha detto che si tratta della sindrome di Mngie, una malattia molto rara, a causa della quale il mio bambino può andare incontro alla morte". Annalisa è una giovane donna di 22 anni, madre di un altro figlio di 4 anni, sposata con Eduart Saliaj, un operaio albanese di 31 anni. La giovane e il marito vivono per questo bambino, sfortunato sin dalla nascita. "Appena nato - racconta Annalisa - Joele è stato messo in incubatrice, perché prematuro. La salute malferma del bambino si è subito manifestata. Joele, dopo 4 giorni di vita, ha avuto la febbre a 40 gradi. I guai sono venuti presto. Il piccolo ha cominciato a vomitare e ad avere frequenti scariche diarroiche. Dopo un mese, trascorso all'ospedale di Gela, dove nel corso di una crisi l'abbiamo battezzato in fretta e furia, ricovero mio figlio al Vittorio Emanuele di Catania". Anche qui una lunga degenza e la diagnosi solo "a voce" che il bambino soffre della malattia di Mngie. Annalisa ed Eduart, pur se poveri e disoccupati, incontrano persone che li mettono in contatto con il dottore Lorenzo Lupo, direttore sanitario dell'Asp 2 di Caltanissetta. Lupo prende a cuore il caso pietoso del piccolo Joele e interpella il professore Mario Romeo, del policlinico di Catania. Il luminare viene gratuitamente a Niscemi, visita il bambino e consiglia il ricovero presso l'ospedale Santo Bambino di Roma. Ma, a questo punto si presentano gli insormontabili problemi economici. Perché Annalisa, che faceva la badante, ma dopo la nascita di Joele ha dovuto lasciare il lavoro mentre il marito è disoccupato; fa il muratore o il contadino per qualche giorno alla settimana ma i pochi soldi che porta a casa servono a stento per sfamare la famiglia. Annalisa ed Eduart lanciano un appello: "Chi può ci aiuti a salvare Joele". "Non chiedo l'elemosina per me — continua con dignità la giovane mamma — ma un aiuto per portare a Roma il mio bambino e dargli una speranza di sopravvivenza".

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