Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

M5S, la Rete "espelle" i quattro dissidenti

ROMA. Quattro espulsioni decretate dai  militanti cinque stelle sul web ed almeno altri quattro senatori  pronti a dimettersi che si vanno ad unire agli altri quattro  colleghi che nei mesi scorsi hanno lasciato il gruppo del M5S al  Senato. Insulti, lacrime, minacce. L'invito di Beppe Grillo dal  blog, ad urne aperte, a votare per l'allontanamento dei ribelli  con l'accusa di dire «solo cazzate» e una stoccata velenosa: «Si  terranno tutto lo stipendio, 20.000 euro al mese fanno comodo».    


È il giorno più difficile per il Movimento Cinque Stelle da  quando ha fatto il suo ingresso in Parlamento: la scissione,  tanto temuta al suo interno ma evocata dagli avversari politici,  è arrivata.  Ormai, non si tratta più di defezioni singole. I fuoriusciti,  volontari o obbligati, hanno i numeri per formare un gruppo al  Senato, proprio laddove il governo ha una maggioranza meno  forte. Come se non bastasse, la rottura rischia di dare vita ad  un effetto valanga sul resto dei 'cinque stellè: la spaccatura  iniziata come una piccola crepa a Palazzo Madama, potrebbe  contagiare anche la Camera dei deputati dove Alessio Tacconi ha  annunciato le sue dimissioni e quelle possibili di altri 5.    


Tutto è iniziato con l'avvio della procedura di espulsione  dei quattro senatori «ribelli» Francesco Bocchino, Luis  Orellana, Francesco Campanella e Lorenzo Battista per le parole  di disappunto nei confronti di Grillo per la gestione delle  consultazioni con Matteo Renzi. L'assemblea congiunta di tutti i  parlamentari, in piena notte ed in streaming, ha dato il via al  procedimento ma, soprattutto, ha segnato il primo passo per la  rottura: molti senatori hanno protestato per la convocazione  «non valida» dell'assemblea, mentre altri hanno chiesto di  evitare «un ulteriore motivo di attrito». Nulla da fare.  L'atmosfera si è riscaldata. Le parti sono apparse  inconciliabili e sono volati insulti molto pesanti: «venduti» e  «approfittatori». Il segno che qualcosa si è rotto.     


In mattinata, il dissenso dei senatori è cresciuto. Ed è  esploso quando in tre, Laura Bignami, Maurizio Romani e  Alessandra Bencini, hanno rotto gli indugi ed hanno annunciato  le loro dimissioni da senatori a sostegno dei quattro «ribelli»:  «Così non può andare, torno a casa», ha detto con gli occhi  gonfi di lacrime la Bencini. Inutili sono stati i tentativi di  ricucitura nel corso di una assemblea nel pomeriggio. Anzi, la  situazione è peggiorata al punto che i quattro dissidenti hanno  lasciato l'incontro insieme ad altri sei senatori mentre dalla  riunione arrivavano urla e qualcuno replicava: «Siete peggio dei  fascisti».    


Le voci di nuove defezioni si sono rincorse per tutto il  giorno. Tra i nomi più probabili - si dice - quelli di Maria  Mussini, Monica Casaletto, Enrico Cappelletti e Cristina De  Pietro. Numeri importanti che, uniti a quelli dei quattro  espulsi di oggi e degli altri quattro fuoriusciti degli scorsi  mesi (De Pin, Anitori, Mastrangelo e Gambaro), porta a 15  senatori: più che sufficienti per formare un gruppo. Tutti hanno  annunciato le dimissioni ma difficilmente l'Aula del Senato le  accetterà. Più probabile la formazione di un nuovo gruppo  «dialogante».     


Quando arriva il voto dei militanti sul web alle 19 che  decreta l'espulsione dei «dissidenti» i giochi sembrano già  chiusi. I militanti M5S accreditati per votare sul web decidono  in larga maggioranza per l'allontanamento dei quattro: 29.883  voti a favore e 13.483 contro. I dissidenti annunciano che anche  loro si dimetteranno. Orellana conferma che, per ora, sono in  nove. Si apre così una nuova partita al Senato, dove il possibile  nuovo gruppo di fuoriusciti «cinque stelle» potrebbe crescere,  attirando anche qualche senatore Pd civatiano.    


Caricamento commenti

Commenta la notizia