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Lombardo: "Non rifarei il presidente della Regione, vissuto anni d'inferno"

CATANIA. «Ho vissuto quatto anni e mezzo  d'inferno», facendo «una vita da cani, con un trolley da  studente fuori sede sempre in mano». Così Raffaele Lombardo  ricorda la sua vita da presidente della Regione Siciliana,  ritenendo «profondamente ingiusta la sentenza» del Gup di  Catania che ieri lo ha condannato a sei anni e otto mesi di  reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa, ma  ribadendo di «essere sereno» e di «non avere paura di alcunchè».  L'ex governatore rivela di «avere ricevuto 1.800 messaggini  di amicizia, solidarietà, stima e di inviti a continuare a  lottare» e annuncia che «risponderà a tutti».      «Il presidente della Regione? Non lo rifarei - aggiunge in  un'intervista al Tg di Telecolor - anche se rivendico quanto  fatto dal mio governo. Nel 2008 Berlusconi mi propose di  diventare deputato e ministro, ma io, in virtù di un'autonomia  vera ho scelto di candidarmi alla Regione». Si dice «dispiaciuto per il solco che purtroppo si è creato  con Cuffaro», che «per leggerezza e generosità», sostiene «avrà detto qualcosa ai suoi amici, ma non ai mafiosi».  Lombardo ritiene di «avere sbagliato profondamente a  scegliere la riservatezza» nel processo di primo grado, perchè,  sostiene «ha riguardato soltanto me, quello che era mio  vantaggio, mentre tutto quello che mi era contro sulla stampa si  è visto». Per questo punta sull'appello dove farà «conoscere  tutto», auspicando che «sia consentito alle parti di completare  le indagini e fare emergere la verità, con tutto quello che  questo comporta». 

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