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Non arrivare al disarmo della politica

Non è più tempo di parole e di promesse Servono riforma e atti concreti. Il gattopardismo non può restare l’unica chiave di lettura della politica siciliana

I partiti che compongono la maggioranza alla Regione si riuniscono per quella che viene chiamata la verifica di governo. Un rito dal sapore un po’ esoterico che serve a capire se esistono ancora le ragioni dell'alleanza che sostiene la giunta. Sul tappeto due temi essenziali: la manovra finanziaria che deve essere riscritta dopo la bocciatura del Commissario dello Stato e la riforma istituzionale con l'abolizione delle Province.
Nelle prossime ore sapremo. Tuttavia non sembra opportuno che la politica risponda con nuove frammentazioni all'incalzare della crisi.
Tanto più che i partecipanti al tavolo si erano già impegnati, un anno e mezzo fa, a sostenere questo presidente e questa giunta. Nulla vieta che, nel frattempo, abbiano cambiato idea. In questo caso non resta che il ricorso agli elettori che, tuttavia, segnerebbe un'altra pesante sconfitta della politica.
La fine della legislatura apparirebbe come una manifestazione di impotenza. Un gioco al rinvio molto pericoloso per il futuro stesso dell'Autonomia. Tanto più che il prossimo presidente e i nuovi assessori si troverebbero di fronte ai problemi di oggi e di ieri.
Le casse della Regione sono vuote e lo sarebbero anche dopo il voto. Per anni è andata avanti la politica delle illusioni: venivano messi a bilancio entrate inesistenti nella convinzione che la bomba sarebbe scoppiata nelle mani del governo successivo. L'esplosione è avvenuta sotto il tavolo dell'attuale giunta perché la crisi economica ha accelerato le scadenze e il Commissario dello Stato, impugnando la Legge Finanziaria, ne ha solo preso atto. In questo senso ha certamente ragione il presidente a sentirsi vittima degli errori del passato.
Tuttavia questa giusta considerazione non lo assolve dall'obbligo di trovare le soluzioni più opportune. Bisogna spendere di meno e bisogna spendere meglio. Secondo le previsioni dovevano essere disponibili 570 milioni. La realtà non supera la soglia di 300-350 milioni. Lo squilibrio non può essere superato con il tradizionale pellegrinaggio a Roma perché difficilmente si troveranno orecchie sensibili.
Non è più tempo di parole e di promesse. Servono riforma e atti concreti. Sia in materia finanziaria che sotto il profilo delle istituzioni.
La Regione siciliana, prima ancora che lo facesse il governo a Roma, ha avviato le procedure per l'abolizione delle Province. Sarebbe molto grave se adesso non completasse il percorso della riforma. Sarebbe la conferma che, in realtà, i partiti non vogliono cambiare una virgola, che il loro unico interesse non è la crescita della comunità ma solo la protezione dei loro interessi e delle loro clientele. Il gattopardismo non può restare l'unica chiave di interpretazione della politica siciliana.

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