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Abilitazione da avvocato, sempre più italiani in Spagna e Romania per ottenerla senza esami

ROMA. Diventare avvocati senza sostenere l'esame di abilitazione professionale: è la via che scelgono molti laureati italiani che «emigrano» in Spagna e Romania il tempo necessario per conquistare il titolo e tornare a esercitare la professione forense in Italia. A rivelarlo sono i dati diffusi dal Consiglio nazionale forense, che da tempo sta conducendo una battaglia contro questo fenomeno, arrivata sino a a un ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee, che l'11 febbraio si esprimerà sulla questione.  Il caso nasce dalla Direttiva europea 98, recepita dall' Italia nel 2001 che consente agli avvocati «comunitari» di svolgere l'attività forense in uno Stato europeo diverso da quello nel quale gli stessi hanno conseguito il titolo professionale. L'obiettivo è quello di promuovere la libera circolazione degli avvocati europei che sono chiamati «stabiliti» nei Paesi ospitanti. Ma la direttiva è di fatto  diventata, lamenta il Cnf, «lo strumento utilizzato da parte di tanti aspiranti avvocati italiani per eludere la disciplina interna ed, in particolare, per sottrarsi all'esame necessario per poter acquisire la necessaria abilitazione all'esercizio della professione forense in Italia». Una rilevazione effettuata presso tutti i Consigli dell' Ordine degli avvocati ha accertato che ben il 92% degli avvocati iscritti nell'elenco degli avvocati stabiliti sia di nazionalità italiana. Tra questi l'83% ha conseguito il titolo in Spagna e il 4% in Romania.In numeri assoluti, su un totale di avvocati stabiliti pari a 3759, 3452 sono di nazionalità italiana. Gli Ordini forensi che contano il maggior numero di avvocati «stabiliti» di nazionalità italiana, iscritti nell'elenco speciale, sono Roma (1058), Milano (314), Latina (129) Foggia (126).

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