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Il cirneco amato all’estero, "Promosso" nelle mostre

Quello dell’Etna potrà ora iscriversi alla «classe lavoro» nelle esposizioni internazionali: riconosciute le sue grandi capacità di cacciatore del coniglio selvatico

PALERMO. Da quest'anno il cirneco dell'Etna, antica razza siciliana, parteciperà alle esposizioni internazionali non solo per la sua bellezza, ma anche per le sue capacità venatorie. La Federazione cinologica internazionale ha riconosciuto anche per il cirneco la cosiddetta «prova lavoro». Razza a rischio in Italia, il sicilinianissimo cane, però, sembra stia conquistando l'estero, dagli Stati Uniti alla Russia.

Da quest'anno, anche il cirneco dell'Etna, una delle 14 razze italiane riconosciute dall'Enci (l'Ente nazionale della cinofilia italiana), durante le esposizioni internazionali potrà iscriversi alla cosiddetta «classe lavoro»: in pratica, potrà esibirsi ed essere valutato non solo in base ai suoi canoni fisici standard di razza, ma anche in base a una prova, che nel suo caso è la caccia al coniglio selvatico. «La scelta di questo tipo di prova - spiega Giuseppe Veraldi, presidente della Società amatori del cirneco dell'Etna di Modica - è legata alla funzione venatoria che in passato svolgeva questo cane».

Il cirneco dell'Etna, infatti, era uno dei più ambiti cani da caccia. Le sue origini risalgono addirittura all'antico Egitto, dove pare che abbiano vissuto esemplari simili, probabilmente suoi «antenati»: «Ci sono raffigurazioni di cani molto simili al cirneco nei musei a Il Cairo, dove sono rappresentati in scene di caccia», racconta Emanuele Giarrizzo, allevatore palermitano di cirnechi del gruppo D'Oriseo. Gli antichi levrieri sarebbero gli antenati del Cirneco: «Dall'Egitto, poi, probabilmente i fenici ne fecero oggetto di commercio, esportandoli così in Britannia (dove nacquero tutti i levrieri europei), in Grecia, Sicilia, Malta e Baleari», continua Marco Belfiore, anche lui allevatore catanese di cirnechi nell'allevamento «Cirneco dell'Etna Dell'Ovo». «Era insomma un cane da caccia - precisa Belfiore - tanto che si narra che possedere un cirneco fosse paragonato ad avere un tesoretto». Le sue caratteristiche fisiche infatti lo confermano: «È agile e snello, ma è anche un cane furbo e non sempre ubbidiente» spiega Emanuele Giarrizzo. Pur avendo radici antiche, il canis etnaeus è diffuso in tutta la Sicilia da almeno tre millenni, adattandosi all'habitat isolano e acquisendo anche caratteristiche proprie.

«Rispetto al podenco ispanico - suo consimile, esemplifica Belfiore - il cirneco è sicuramente più piccolo. Questo perché più arse e complesse erano le campagne sicule in cui l'esemplare siciliano era solito cacciare». La definizione «dell'Etna», però, non sembra legata a un luogo preciso d'origine, ma dalla scelta del nome fatta da una nobildonna, Agata Paternò Castello dei Duchi di Carcaci, a cui si deve il riconoscimento della razza nel 1939. «La leggenda che sull'Etna ci fossero i cirnechi è appunto solo una leggenda. Il cane era invece diffuso in tutta la Sicilia». Nonostante le sue antiche e sicilianissime radici, però, il cirneco oggi è molto raro: 150 i cuccioli nati lo scorso anno in tutta Italia . «La media nazionale registrata dall'Enci - chiarisce Marco Belfiore - è di circa 110 cuccioli l'anno in tutto il Paese. Un numero basso». Sei gli allevatori italiani riconosciuti, di cui 4 in Sicilia. È anche prevedibile come abbia perso la sua funzione venatoria: «Più amato come cane domestico perché molto intelligente e che si lega tantissimo al suo proprietario e ha un ottimo controllo del territorio».

Se in Italia sembra poco apprezzato, all'estero invece pare stia riscuotendo molto successo, conquistando il cuore di padroncini negli Usa, secondo paese per numero di cuccioli, seguono poi Finlandia, Inghilterra, Norvegia, Belgio, Lettonia, Svezia, Russia, Francia, Slovenia, Irlanda, Lituania, Polonia e Svizzera. «Dei cirnechi che alleviamo, il 90 per cento è infatti richiesto all'estero», conclude Marco Belfiore.

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