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Gian Antonio Stella: «La casta politica non ha smesso di considerarsi intoccabile»

Per l’editorialista del Corsera: «Serve una magistratura più rigorosa, inutile sperare in un mutamento di certe persone»

I numeri sono numeri e la matematica non è mai stata un’opinione. L’ultima inchiesta giudiziaria che la travolto l’Ars parla chiaro: 97 indagati e 13 avvisi di garanzia. Contestate spese illegittime per 10 milioni per acquisiti di cravatte, borse, ma anche biancheria intima griffata, gioielli e rimborsi di soggiorni in alberghi di lusso. I numeri raccontano di un sistema che avrebbe avvolto tutto Palazzo nei Normanni. Con chiarezza. E con altrettanta trasparenza e linearità Gian Antonio Stella, l’editorialista del Corriere della Sera, autore del libro «La casta», il fustigatore della classe politica italiana, dalle Alpi fino a Scilla e Cariddi, fa un ragionamento, citando perfino Macchiavelli. «Io credo che contro questi fenomeni di malcostume, l'ultimo avvenuto in Sicilia, ma prima ancora in diverse altre parti della penisola, occorra una magistratura più rigorosa. Non c'è dubbio. Perché non ti puoi aspettare che ti arrivi dal cielo il mutamento culturale delle persone. Io credo che avessero ragione Davide Hume e Niccolò Machiavelli».

CHE DICEVA IL SOSTENITORE DEL «FINE CHE GIUSTIFICA I MEZZI»?
«Diceva, nel Discorsi sopra la prima Deca di Tito Livio: «Come dimostrano tutti coloro che ragionano del vivere civile, e come ne è piena di esempli ogni istoria, è necessario a chi dispone una republica, ed ordina leggi in quella, presupporre tutti gli uomini rei, e che li abbiano sempre a usare la malignità dello animo loro, qualunque volta ne abbiano libera occasione».

COSA VOLEVA DIRE LO SCRITTORE TOSCANO?

«Che bisogna partire dall'idea che ogni uomo è potenzialmente un furfante, come scrisse Hume. Quindi devi mettere delle regole chiare e devi farle rispettare. È dentro un sistema di regole che si crea il cittadino virtuoso. Non nasce così, spontaneamente. Perché è così raro vedere uno di questi politici spregiudicati fino alla truffa finire in galera? C'è andato solo Totò Cuffaro, in carcere, e solo perché i reati erano particolarmente gravi. Anzi, gli va dato atto di avere tenuto un atteggiamento molto dignitoso. Ma una società può essere ricostruita moralmente solo se si dimostra che le regole valgono per tutti. E così non è».

MA TORNIAMO ALL'INCHIESTA CHE HA TRAVOLTO L'ARS. COS'HAI PROVATO QUANDO HAI SAPUTO DI QUEST'ENNESIMA STORIA DI MALAPOLITICA MERIDIONALE?
«Scoramento. Quando uno arriva al punto di farsi rimborsare Diabolik! Purtroppo lo dicevamo da anni fa che rischiava di finire con l'antico adagio siciliano “calati juncu ca passa la china”. E purtroppo è andata così. Hai l'impressione che tutte le battaglie fatte abbiano portato a risultati davvero scarsi».

LA CASTA È RIMASTA CASTA...
«Sì, la casta è rimasta casta. In confronto a casi clamorosi come la truffa del Ciapi sulla formazione professionale con la spesa di 15 milioni di euro per formare 18 apprendisti (e chissà se questi sono esistiti davvero); di fronte alle varie truffe sulla formazione con cifre pazzesche finite ad aziende possedute da politici, (basti pensare al caso Genovese-Buzzanca a Messina), di fronte a numeri più grossi, il rimborso per Diabolik è una piccolezza».

MA COME SI DICE IN SICILIA «TANTI PIZZICUNA FANNO LE CARNI NERE»...
«Esatto. Queste piccolezze, così miserabili, ti danno l'idea che c'è chi ha pensato di potersi permettere di tutto. Non gli bastava uno stipendio o una indennità stratosferica rispetto al reddito medio siciliano, che è infinitamente più basso di quanto prenda un deputato dell'Ars. Non gli bastava la sensazione di vivere davvero in un palazzo della cuccagna (come lo definì anni fa Saverio Lodato). Non gli bastava di avere rimborsi chilometrici sbalorditivi rispetto a quelli dei comuni mortali. Ma anche Diabolik a spese nostre! Bèh, insomma, mi dà l'idea di una sfrontatezza totale. Anche se sarebbe ingiusto parlare solo della Sicilia. In questi giorni, com'è noto, si sono viste anche cose da pazzi anche da altre parti d'Italia».

PARLI DEL RECENTE CASO DELLA REGIONE PIEMONTE?
«Non solo. Penso a Cota che fa l'offeso, che si propone come baluardo della democrazia, che difende l'ultima trincea democratica d'Italia. E poi viene fuori che non si è comprato solo le mutande verdi: ma dai! Quaranta euro un paio di mutande! Non so se costano tanto le mutande di Dolce & Gabbana, Armani o Valentino Garavani. Non so, perché io faccio spese alla Upim o alla Standa. Ma 40 euro! E poi scopri che il signore, “baluardo della democrazia” per un partito nato per cambiare la politica italiana e rovesciare il mondo, e cioè la Lega, si è fatto rimborsare 115 scontrini emessi mentre lui non era là dove gli scontrini venivano staccati. Come ha accertato la Guardia di Finanza».

C'È POI IL RECENTE CASO DELLA LIGURIA.
«Dove, se ho capito bene, una consigliera regionale si è comprata i Tampax con i soldi dei contribuenti. Io non voglio fare le battutacce, ma che anche queste cose possano essere riconducibili alla politica mi sembra una cosa insensata».


INSOMMA, RESTA LA MAGRA CONSOLAZIONE CHE L'INTIMO UNISCE NORD E SUD: A TORINO LE MUTANDE, IN LIGURIA IL TAMPAX, IN SICILIA SI PARLA DI REGGISENI DI PIZZO OLTRE CHE VINI E PASTA FRESCA ED OCCHIALI. INNANZI A QUESTA AVANZATA DI MALAPOLITICA COSA TI INDIGNA DI PIÙ?
«La sfrontatezza. Questi qui pensano che sia tutto normale. Questa è la conseguenza diretta dell'idea che si è diffusa in Italia e cioè che chi entra in politica cambia vita, svolta e si lascia alle spalle le difficoltà quotidiane dei comuni mortali ed entra in una corte di privilegiati dove ognuno fa quello che gli pare. A destra e a sinistra».

CON I TEMPI DELLA POLITICA CHE SI ALLONTANANO SEMPRE PIÙ DAI PROBLEMI QUOTIDIANI DELLA GENTE...

«I siciliani hanno di che essere furibondi. Se, come dice il presidente Crocetta, il segretario all'Ars guadagna 650 mila euro lorde all'anno vuol dire che percepisce 40 volte il Pil medio di un siciliano. È una cosa che grida vendetta a Dio. Se Crocetta ha ragione spero tiri fuori queste buste paga. Che le mostri. Stipendi così sarebbero un insulto anche in Val d'Aosta dove il reddito pro capite è più del doppio di quello isolano. Ma qui!».


 TORNIAMO ALLE SPESE DIABOLIK E LE BORSE LOUIS VUITTON: EPPURE IN QUESTI ANNI LA POLITICA AVEVA DATO L'IMPRESSIONE DI AVER CAPITO LA LEZIONE E FATTO QUALCOSA PER TAGLIARE I COSTI.
«In questi anni abbiamo cercato di spiegare che non bastava abbassare le indennità ai parlamentari. Può essere uno specchietto per le allodole, un imbroglio da dare in pasto alla plebe. I milioni e i miliardi ruotano intorno alla politica e agli affari. E senza regole più serie, al di là dei rimborsi dei furbetti, non andiamo da nessuna parte».

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