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All’Ars un mondo a parte

di NINO SUNSERI



La classe politica siciliana sembra proprio vivere in un mondo a parte ed è sicuramente nella parte sbagliata. Che cos’altro pensare dopo aver appreso della raffica di avvisi di garanzia che ha colpito componenti vecchi e nuovi dell’aula di Palazzo dei Normanni? Gli indagati appartengono a tutti i partiti: destra, sinistra, centro. Nessuno escluso. L’inchiesta di Palermo ricalca quelle che le Procure di tutta Italia stanno conducendo nei confronti dei consigli regionali di riferimento per territorio.
Secondo il legislatore i fondi pubblici servivano a finanziare l’attività politica. La democrazia comporta costi molto elevati se non vogliamo trasformarla in una oligarchia nella quale coincidono potere economico e potere politico. Le indagini fin qui svolte nel resto del Paese hanno fatto emergere invece sprechi che colpiscono non solo per l’ammontare della spesa ma soprattutto per l’arroganza: si va dalle mutande verdi acquistate dal Governatore del Piemonte, Cota, sino alle feste di Fiorito, «Er Batman», capogruppo Pdl alla Regione Lazio. Purtroppo la Sicilia non fa eccezione visto che molti giustificativi presentati dai deputati regionali per ottenere il rimborso appaiono, secondo l'accusa, dissonanti con lo svolgimento di qualunque attività politica.
Ferma restando la presunzione di innocenza, qualche dubbio sorge. Perché alimentare questo sospetti? Eppure i componenti dell’Ars non vivono sulla luna: non oggi e nemmeno ieri. Non vedevano che si stavano muovendo le Procure di tutta Italia? Perché insistere con comportamenti che, nella migliore delle ipotesi, possono apparire poco appropriati? Nelle peggiore (ed è quello che pensano i Pm) configurano autentici reati. Purtroppo non ha funzionato nemmeno il sistema dei controlli interni: come mai non è scattata la rete di controlli amministrativi? Perché è sempre necessario l’intervento della Procura per reprimere comportamenti che potrebbero essere risolti senza bisogno di scandali pubblici? Il risultato è la progressiva perdita di autorevolezza e di prestigio da parte della classe politica.
Di che pasta è fatta l’Ars si è visto in occasione del dibattito sulla spending review in Aula. Un’opposizione sorda e cocciuta (ma soprattutto trasversalissima) ha cercato, in tutti i modi, - malgrado la forte determinazione del presidente dell’Ars, Ardizzone - di fermare l’applicazione del decreto Monti che rivede al ribasso gli stipendi dei consiglieri regionali. Nonostante i tagli, ognuno dei novanta membri dell’Ars porta a casa comunque una bella cifra. Ma fino all’ultimo c'è stata guerriglia per rendere intangibili le sontuosità precedenti. Atteggiamenti che sembrano figli, più ancora che di arroganza, di una assoluta inconsapevolezza della realtà. Sembra quasi che la classe politica siciliana sia composta da avatar che vivono in un’altra dimensione. Paiono proprio non accorgersi di quello che accade loro intorno. Come stupirsi allora se alle ultime elezioni l’astensionismo ha raggiunto la vetta del 50 per cento?
Lo spappolamento delle responsabilità genera comportamenti inaccettabili. Come la decisione di ieri della burocrazia di Palazzo dei Normanni di rendere molto faticoso l'accesso all'aula. Assessori non eletti e i loro collaboratori costretti a fare lo slalom tra controlli particolarmente insistenti. Perché? Perché è stata riesumata una vecchissima direttiva che inasprisce la vigilanza sui soggetti autorizzati a frequentare i locali. Una regola finora mai applicata. Ieri riesumata in tutto il suo letterale rigore. Un rigurgito di autorità? O piuttosto una vendetta contro la giunta che ha tagliato i trasferimenti all’Ars? È forte il dubbio che nel mondo a parte viva tutta la casta: politici e anche alti burocrati.

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