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Partecipate, nuovo piano Si salvano 9 società su 34

La riforma inserita dal governo nella Finanziaria che va al voto in Aula da domani. I 7.300 dipendenti verranno licenziati e riassunti ma senza bonus e incentivi. Le chiamate al lavoro vincolate alle nuove piante organiche da preparare entro tre mesi

PALERMO. Resteranno in vita solo 9 delle attuali 34 partecipate regionali. E il salvataggio dei 7.300 dipendenti del settore è previsto solo in linea di principio, perchè i lavoratori delle 25 società che verranno poste in liquidazione saranno licenziati e poi riassunti dalle società rimaste attive ma solo nei limiti numerici e di qualifica delle nuove piante organiche che dovranno essere realizzate entro 3 mesi. Eccola la riforma delle società in cui la Regione detiene tutte o la maggioranza delle azioni.Si tratta in realtà di una riscrittura del testo inserito in Finanziaria e che la settimana scorsa non aveva superato l’esame in commissione Bilancio: ora l’assessore all’Economia, Luca Bianchi, e il presidente Crocetta ci riprovano. L’emendamento è stato inserito fra quelli che verranno votati in aula da domani.

LE 9 SOCIETA' SALVE


Va detto subito che le società che sopravviveranno sono Azienda siciliana trasporti, Servizi Ausiliari Sicilia, Sicilia e Servizi, Riscossione Sicilia, Irfis, Sviluppo Italia Sicilia, Siciliacque, Parco scientifico e tecnologico, Seus 118. Tutte le altre verranno poste in liquidazione o assorbite da queste 9.



L'ALLARME DEI MAGISTRATI


Con questa mossa il governo recepisce l’input lanciato un mese fa dalla Corte dei Conti, presieduta da Maurizio Graffeo, che in una indagine sul settore ha messo in evidenza costi record a fronte di risultati scadenti e varie irregolarità gestionali. In quattro anni sul capitolo-partecipate è stato speso un miliardo e 89 milioni per il personale, 73,4 milioni per consulenze e 13,9 milioni per pagare dirigenti e organi societari. La Corte dei Conti ha invitato a non ripianare più i debiti e a chiudere le società inutili. Ma l’indagine ha anche avvertito di un rischio: quello che tutti i 7.300 dipendenti vengano paracadutati nelle società superstiti senza una reale valutazione delle esigenze. Sarebbe un travaso di costi, come già avvenuto quando la Sas ha assorbito tutti i 2 mila lavoratori di Multiservizi e Beni Cultrali spa.



IL FUTURO DEL PERSONALE


E allora la norma messa a punto da Luca Bianchi fissa un percorso diverso. Intanto blocca tutte le nuove assunzioni «sia a tempo indeterminato che a tempo determinato, ivi comprese quelle già autorizzate». Salve solo quelle frutto di bandi in corso e le contrattualizzazioni di stagionali alle Terme di Sciacca e Acireale. L’emendamento prevede esplicitamente che a tutti i dipendenti delle 25 società che chiuderanno si applichi il licenziamento collettivo previsto dalla legge nazionale 223. Fatto questo passaggio, le società rimaste in vita potranno riassumere. Ma solo i dipendenti delle società in liquidazione che avevano un contratto a tempo indeterminato alla data del 31 dicembre 2009 e, soprattutto, solo in base alle nuove piante organiche, cioè ai reali fabbisogni.



CADONO I PRIVILEGI



Il tutto passerà da accordi con i sindacati che dovranno determinare, appunto, i nuovi equilibri legati al personale. Ma questi accordi dovranno essere ratificati dalla giunta alla luce dei costi che determineranno: «Dovranno rispettare - si legge nell’emendamento - il patto di stabilità e le politiche di spending review e avere la necessaria copertura finanziaria». Il personale che transiterà nelle nove società rimaste attive perderà «indennità, superminimi e trattamenti giuridici particolari che aveva nelle partecipate poste in liquidazione». Il principio è che dovranno essere applicati tutti i limiti giuridici ed economici del contratto dei regionali. Crocetta ha sottolineato all’Ars che questa norma è la soluzione ai problemi dei lavoratori pechè «è previsto il trasferimento da un'azienda all'altra. Altrimenti alcuni si ritroverebbero in partecipate morte, con un unico destino: la perdita del posto». La Regione è infatti obbligata da leggi nazionali a chiudere gran parte delle partecipate. Resta però da superare la perplessità di vaste aree del Parlamento, a cominciare dal presidente della commissione Bilancio Nino Dina che chiede di discutere del tema dopo la Finanziaria e con una legge autonoma.

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