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Caso Cuffaro, il fratello: "Sgomento e indignato"

PALERMO. Esprime «sgomento e indignazione» Silvio Cuffaro, fratello dell'ex Presidente della Regione Sicilia Totò, dopo che il tribunale di sorveglianza di Roma ha negato l'affidamento ai servizi sociali all'ex politico.   
«È davvero singolare che un detenuto, da tutti definito 'modellò, qual è stato Totò Cuffaro, non venga riconosciuto all'altezza, così come la nostra Costituzione e il Codice Penale prevede, di potere riabilitarsi e concludere la pena in affido all'associazione nazionale ciechi. Che giustizia è questa? Che nazione è l'Italia», dice Silvio Cuffaro.   
«La storia giudiziaria di Totò Cuffaro - continua Silvio Cuffaro - è stata costellata di ombre e di strani accadimenti che hanno permesso una condanna in Cassazione profondamente ingiusta. Come può collaborare con la giustizia chi non ha mai  avuto nessun contatto con affiliati  o sodali dell'associazione mafiosa così come da verbali processuali di  Salvatore Aragona, coimputato e ora pentito?».   
«È davvero lunga la serie di fatti - conclude - che mi portano a pensare che in Italia appartenere ad una certa  classe politica non consenta di avere giustizia. Nonostante tutto sono certo che mio fratello avrà la forza di andare avanti con la stessa dignità che lo ha sempre contraddistinto e che un giorno la verità trionferà sulle bugie e su una falsa verità processuale».
Silvio Cuffaro dice anche: «Come può avere favorito la mafia chi diverse volte, come da verbali processuali, invita Salvatore Aragona a troncare qualsiasi rapporto con suoi amici mafiosi? Come si può pensare che Totò Cuffaro abbia favorito la Mafia se da Presidente della Regione non solo non ha mai finanziato investimenti in favore di soggetti appartenenti alla consorteria mafiosa e finanziando invece presidi ed attrezzature di contrasto alla mafia e legiferando abbondantemente in tal senso?». 
«Da ultimo - prosegue - come può pensarsi che sia mafioso un politico le cui telefonate effettuate da ben undici utenze telefoniche diverse (un milione e mezzo circa di telefonate)  non abbiano mai incrociato numeri o celle telefoniche di appartenenti all'associazione mafiosa?». «È davvero una vicenda Pirandelliana nella sua assurdità - conclude - contraddittorietà e lacunosità. Nonostante sia stato celebrato un processo solo indiziario basato su una perizia fatta da un non 'peritò su bobine, come da lui stesso dichiarato, manipolate in quanto sono stati tagliati i tempi 'mortì senza la presenza della controparte. Bobina originale oggi smarrita  e nonostante le reiterate richieste dei nostri avvocati  mai consegnataci».

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