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Faraone: «Per i nuovi assunti contratti più flessibili»

Per il deputato Pd «l’articolo 18 non è più centrale nel mercato del lavoro: pensiamo a un modello scandinavo». Licenziamenti più facili ma anche maggiore protezione sociale, come l’indennità di disoccupazione universale

«Non parliamo di abolizione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: mio padre è un vecchio sindacalista della Cgil e non voglio che mi tolga il saluto». Scherza Davide Faraone, palermitano, 38 anni, che Matteo Renzi ha appena nominato responsabile del welfare del Pd. Ieri mattina sul Corriere della Sera è uscita un'anticipazione della riforma del mercato del lavoro che il nuovo segretario avrebbe in preparazione.
Una netta rottura con il passato perché, dopo quasi mezzo secolo, fa cadere il mito del contratto a tempo indeterminato come garanzia contro il licenziamento. Al suo posto il sistema della flexsecurity inventato da Pietro Ichino, il più noto esperto italiano di diritto del lavoro trasmigrato dalla Cgil a Scelta Civica. Fulcro della proposta, già depositata dallo stesso Ichino in Parlamento sotto forma di disegno di legge, è l'introduzione, in via sperimentale, di un contratto unico a tempo indeterminato per i nuovi assunti, con sgravi fiscali e contributivi per i giovani. Sgravi anche per le donne, per incrementarne il tasso di occupazione. A fronte della «sicurezza» del tempo indeterminato in entrata, è richiesta flessibilità in uscita, cioè la rinuncia per i nuovi contratti alle tutele dell'articolo 18 in caso di licenziamento senza giusta causa. Quindi niente reintegro e un indennizzo contenuto. Dopo i primi due anni di servizio, il lavoratore potrà essere licenziato per motivi economici ma sarà a carico dell'impresa e della Regione il trattamento della disoccupazione fino a nuovo impiego.


DALLE INDISCREZIONI PARE CHE GIÀ OGGI DISCUTERETE DI QUESTA RIFORMA.


«Veramente è un progetto di cui già Renzi aveva parlato nella convention alla Stazione Leopolda di Firenze. Non c'è niente di nuovo. All'inizio dell'anno presenteremo il nostro Job Act. Un modello di contratto per i nuovi entranti che, a fronte della garanzia del tempo indeterminato, facilita la flessibilità in uscita. Articoleremo la proposta e cercheremo un confronto con le altre forze politiche e sociali».


DI FATTO L'ABOLIZIONE DELL'ARTICOLO 18 DELLO STATUTO DEI LAVORATORI.


«L'articolo 18 non è centrale nel mercato del lavoro di oggi. Parlare di articolo 18 oggi è parlare di un rapporto di lavoro che non esiste più. Proporremo il modello scandinavo della flexicurity. L'idea è che a ogni grammo di minore rigidità deve corrispondere un grammo di protezione sociale in più».


IN CONCRETO CHE COSA SIGNIFICA?
«Le linee guida su cui stiamo lavorando sono tre: forme contrattuali che favoriscano la trasformazione del lavoro a termine in lavoro permanente; strumenti che consentano di migliorare la riallocazione del personale; introduzione di una indennità di disoccupazione universale».

PER LA VECCHIA ANIMA «ROSSA» DEL PD SONO PAROLE DIFFICILI DA DIGERIRE, NON TROVA?


«È possibile ma è anche una maniera moderna per affrontare il cambiamento della società».


QUALE CAMBIAMENTO?


«Una volta era tutto più facile. I ritmi della vita erano molto scanditi. C'era il tempo dello studio, poi il tempo del lavoro e infine la pensione. Ora è tutto confuso e spesso sovrapposto. I giovani entrano tardi nel mondo del lavoro. Le pensioni sempre meno saranno in grado di assicurare una vecchiaia dignitosa. Bisogna cambiare sistema».


VERAMENTE LA CGIL NON SEMBRA MOLTO INTERESSATA AI CAMBIAMENTI. QUALUNQUE IPOTESI DI CAMBIAMENTO SULLA LEGISLAZIONE DEL LAVORO VIENE RESPINTA PERCHÉ CORRISPONDE AD UN ARRETRAMENTO DEI DIRITTI DEI LAVORATORI. COME LA METTIAMO?


«Vede, a me la Cgil ricorda le squadre di calcio allenate da Zeman. Utilizzano sempre lo stesso schema di gioco. Sono brillanti ed emozionano il pubblico ma non arrivano mai a uno scudetto perché dopo un certo periodo diventano prevedibili. Ecco perché occorre cambiare. Se continuiamo a giocare con il 4-3-3 non vinceremo mai il campionato».


FRA LE PASSIONI DI SUSANNA CAMUSSO NON RISULTA CHE CI SIA ANCHE IL CALCIO. QUANTO MENO NON È MAI STATA VISTA ALLO STADIO. ESSENDONE DIGIUNA POTREBBE ANCHE NON APPREZZARE LA BRILLANTE METAFORA: COME REAGIRETE AD UN EVENTUALE SCIOPERO GENERALE CONTRO LA VOSTRA PROPOSTA?


«Più che lo sciopero generale della Cgil io temo la rivolta dei cittadini contro i partiti e i sindacati. Il disagio sociale sta crescendo, come dimostrano le manifestazioni dei Forconi. È assolutamente necessario offrire risposte adeguate».


IMMAGINA L'ACCUSA CHE MOLTE VESTALI DEL PROGRESSISMO LE RIVOLGERANNO: IL PIÙ GRANDE PARTITO DELLA SINISTRA ITALIANA, NEL CUI SANGUE SCORRE ANCORA IL DNA DI TOGLIATTI E DI BERLINGUER, CHE INSEGUE IL POPULISMO DELLE PIAZZE. CHE COSA RISPONDE?


«Rispondo che le ragioni della protesta sono per molti versi condivisibili. Poi non c'è dubbio: le parole d'ordine sono sbagliate, manca l'organizzazione e i capi della protesta vanno via in Jaguar. Tuttavia questi errori non bastano a coprire la profondità del disagio sociale e la sua diffusione».


MOLTI GIOVANI IN PIAZZA.


«Sono i più penalizzati dall'attuale situazione. I livelli della disoccupazione fra i ragazzi non ha mai raggiunto livelli così alti. Il peso della flessibilità è tutta sulle loro spalle».


ANCHE PIETRO ICHINO DICEVA LE STESSE COSE QUANDO STAVA NEL PD. DI FRONTE AGLI OSTACOLI INTERNI È STATO COSTRETTO A LASCIARE IL PD. CHE NE PENSA?


«Ottimista che i tempi siano maturi per il dibattito. Anche quando proponemmo l'abolizione del finanziamento pubblico alla prima Leopolda sembrava impossibile che si realizzasse. Ora vedo che sono tutti d'accordo».


COME PENSATE DI MUOVERVI: PRESENTERETE UN DISEGNO DI LEGGE PARLAMENTARE O SPINGERETE IL GOVERNO A FARE UN DECRETO?


«Vedremo. Quello che importa è il confronto e il consenso. Sullo strumento decideremo insieme al presidente del Consiglio e al governo».

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