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Stato-mafia, Brusca: "L'attentato all'Olimpico era per spingere la trattativa"

MILANO. Riprende con il fallito attentato ai carabinieri allo stadio Olimpico di Roma l'esame del pentito Giovanni Brusca che, da ieri, sta deponendo nell'aula bunker di Milano al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il collaboratore di giustizia ha riferito di avere saputo da Gaspare Spatuzza, allora reggente del mandamento mafioso di Brancaccio, ora anche lui pentito, che il capomafia Giuseppe Graviano sosteneva la necessità di colpire i carabinieri «così si sarebbero portati un pò di morti dietro». «Dopo le bombe del '93 - ha spiegato Brusca - quello doveva essere l'ultimo colpo per spingere chi aveva ricevuto il papello a tornare a sedersi al tavolo della trattativa». «Solo anni dopo, leggendo sui giornali del coinvolgimento dei carabinieri nella trattativa - ha spiegato - capii a cosa si riferiva». Brusca avrebbe parlato del progetto di attentato anche con il boss Matteo Messina Denaro. «Mi disse - ha raccontato - che fino ad allora non avevamo ottenuto nulla, facendo riferimento ai carabinieri, e che qualcuno si doveva fare avanti per venire a trattare».


"CON BERLUSCONI VOLEVAMO ARRIVARE A CRAXI". «Nel 1991, c'era interesse a
contattare Dell'Utri e Berlusconi perchè attraverso loro si doveva arrivare a Bettino Craxi, che ancora non era stato colpito da Mani Pulite, perchè influisse sull'esito del maxiprocesso», ha rivelato Brusca che ha anche parlato dell'attentato a Berlusconi fatto dal boss Ignazio Pullarà che riscuoteva dall'imprenditore milanese 600 milioni l'anno di pizzo. «I soldi - ha spiegato - poi venivano spartiti».Dopo l'attentato,fatto senza l'autorizzazione di Cosa nostra, Pullarà viene sostituito alla guida del mandamento da Carlo Greco. Brusca ha indicato in Greco, vicinissimo al boss Bernardo Provenzano e nel capomafia Raffaele Ganci, gli uomini di Cosa nostra che potevano avere contatti con Dell'Utri.

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