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Sequestrato in Nigeria un tecnico siciliano

ROMA. Ancora un tecnico italiano rapito in un zona calda del mondo. Ancora una famiglia con il cuore in gola in attesa di una telefonata. Questa volta la notizia arriva dalla Nigeria - grande Paese africano ricco di risorse, ma anche teatro di violenze, instabilità e sequestri a ripetizione - dove si sono perse le tracce di un connazionale. Si tratta di Marcello Rizzo, 55 anni, geometra siciliano dipendente di una ditta messinese che collabora con la Gitto: impresa edile attiva da mezzo secolo in Italia nel settore delle costruzioni e che opera da qualche tempo pure in territorio nigeriano.   
Il rapimento sarebbe avvenuto nel sud del Paese, verso il delta del Niger, in un'area petrolifera generalmente estranea al terrorismo islamico di Boko Haram (attivo nel nord-est) e agli scontri interconfessionali che insanguinano altre province. Ma dove non sono mancati negli ultimi anni sequestri di stranieri a scopo d'estorsione. Il tecnico italiano sarebbe stato catturato insieme con l'autista, poi rilasciato. Ma i dettagli sono scarni e privi di riscontri ufficiali da parte delle autorità nigeriane. La Farnesina, dal canto suo, si é limitata a confermare il rapimento di un connazionale, sottolineando di aver avviato tutti i canali disponibili per "una soluzione positiva del caso". E ha invocato al contempo "il massimo riserbo" per non mettere a repentaglio l'ostaggio. Dal suo paese natale, la cittadina etnea di Randazzo, in provincia di Catania, il sindaco Michele Mangione ha spiegato all'ANSA che la famiglia Rizzo è stata informata ieri dalla Farnesina dopo le prime verifiche, ma che il sequestro risulta essere avvenuto mercoledì. La moglie del geometra e i due figli, un ingegnere e un architetto, si sono trincerati dietro il silenzio. "Ho parlato con loro e mi hanno dato conferma della triste notizia - ha riferito il sindaco - subito dopo ho parlato col ministero degli Esteri che ha invitato tutti a tenere un basso profilo. La moglie di Rizzo, ovviamente, è molto scossa".    L'uomo, che lavora all'estero da ormai otto anni, avrebbe contattato l'ultima volta i familiari alcuni giorni fa.     Non è d'altronde la prima volta che in Nigeria vengono presi di mira cittadini italiani e altri tecnici stranieri, impiegati nel settore petrolifero (in un Paese scrigno di idrocarburi) come in altre attività economiche. Fra gli ultimi episodi spiccano tragicamente quelli di Silvano Trevisan, ingegnere veneto rapito nel febbraio di quest'anno da miliziani islamico-radicali del gruppo Ansaru - protagonista anche di attacchi a chiese e stragi di cristiani - e ucciso il mese dopo con altri sei ostaggi stranieri; o ancora quello di Franco Lamolinara, ingegnere piemontese anch'egli impegnato nell'edilizia, rapito con un collega inglese e poi ucciso in un fallimentare blitz condotto l'8 marzo 2012 da unità speciali britanniche e nigeriane. Sia Lamolinara sia Trevisan lavoravano tuttavia nel nord del Paese, più esposto alla minaccia del terrorismo fondamentalista dei gruppi nigeriani della galassia di Al Qaida e a una spirale di violenza che, fra attentati e repressione, ha causato nei soli ultimi quattro anni quasi 4.000 morti secondo le stime di Human Rights Watch. Mentre il contesto della regione meridionale, dove é stato catturato Ricci, lascia pensare più probabilmente a un fatto di criminalità comune. Fra le vicende recenti finite bene, c'é d'altronde quella di Modesto Di Girolamo, ingegnere della Borini&Prono, sequestrato a Ilorin, in Nigeria, a fine maggio 2012 e liberato 5 giorni dopo. In giro per il mondo, frattanto, resta ignota la sorte di alcuni altri italiani rapiti e scomparsi apparentemente nel nulla. Come un altro siciliano, il cooperante Giovanni Lo Porto, catturato quasi due anni fa con un collega tedesco nel Punjab pachistano, probabilmente da un gruppo talebano locali. O come padre Paolo Dall'Oglio, il gesuita inghiottito nei mesi scorsi nel gorgo della feroce guerra civile siriana.

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