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Taglio degli stipendi alla prova dell’aula

Nella legge la riduzione di guadagni e bonus per i deputati regionali. Ma non verrà recepito il decreto Monti

PALERMO. C’è il taglio degli stipendi dei 90 deputati ma anche la duplicazione dei costi per portaborse e dipendenti dei partiti. Diminuisce il compenso degli assessori tecnici. Tuttavia manca un riferimento esplicito al decreto Monti: il Parlamento siciliano resterà dunque agganciato al Senato e sarà libero di autoregolarsi. Ecco il testo finale del disegno di legge che l’Ars è chiamata ad approvare, ultima fra le regioni italiane a ridurre i costi della politica.
Il testo è frutto di una lunga mediazione fra i partiti condotta dal presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone. Lo scontro trasversale fra chi voleva un recepimento secco delle norme nazionali e chi, in primis la commissione guidata da Riccardo Savona, intendeva limitarsi a una semplice riduzione del 20% si è risolto con una mediazione: non c’è traccia nei riferimenti normativi del decreto Monti ma vengono indicati i tetti introdotti dall’ex premier in tutte le altre regioni.
Un deputato guadagnerà 11.100 euro lordi (circa 8.300 netti) a fronte degli attuali 11.780 netti. Ma perderà tutti bonus extra per viaggi e cariche ricoperte in Parlamento. Soltanto per i presidenti di commissione, dello stesso Parlamento e della Regione, sarà previsto un gettone lordo di 2.700 euro che fino a oggi valeva quasi il doppio. I 90 onorevoli avranno dal 2017 un aumento automatico dello stipendio in base all’indice Istat. E non subiranno più le trattenute per il Tfr, che non verrà erogato a fine mandato: ciò consentirà di ricevere il rimborso di quanto versato in questo primo anno di legislatura.
Non recepire il decreto Monti pur rispettandone i contenuti è una soluzione che segna un distinguo ma che, secondo più di un costituzionalista, non viola il principio di contenimento dei costi introdotto a livello nazionale.
I deputati che diventano assessori non avranno alcun extra. Mentre i tecnici guadagneranno gli stessi 11.100 euro lordi ed evitano il taglio più duro (6 mila euro netti) che era stato previsto dalla commissione Spending review guidata da Savona: oggi però sfiorano i 10 mila euro netti.
Anche per i fondi ai gruppi non c’è alcun riferimento a Monti ma i tetti sono gli stessi: circa 700 mila euro per organizzazione, rappresentanza e comunicazione ma tutte le altre spese vengono dirottate sul bilancio generale dell’Ars. Le eccezioni rispetto al decreto Monti sono tutte sul personale e sui relativi finanziamenti. L’ex premier ha previsto che a ogni deputato venisse garantito un budget pari al compenso di un dipendente di categoria D6 della pubblica amministrazione: circa 60 mila euro. Con queste somme i parlamentari dovrebbero pagare gli 85 dipendenti in servizio nei gruppi, i cosiddetti stabilizzati, rinunciando al portaborse personale. Ma l’eccezione siciliana prevede che anche il portaborse venga salvato. E così la spesa per gli stabilizzati, 4,2 milioni, viene dirottata sull’Ars e il budget di 60 mila euro va ai portaborse. Ma solo se sono già contrattualizzati al momento del varo della legge e solo per l’importo che già prendevano: dunque se venivano pagati meno di 60 mila euro lordi il deputato dovrà restituire l’extra.
La mediazione piace sia a Baldo Gucciardi del Pd che a Marco Falcone del Pdl. Anche se ieri è stato il presidente Crocetta a sfidare l’Ars: «Mi auguro che questa legge serva a evitare spiacevoli differenze fra Sicilia e altre regioni. E mi auguro che serva anche a ridurre il costo della burocrazia perché non è possibile che un segretario generale guadagni 600 mila euro. Anche questi stipendi vanno adeguati a quelli della Regione». Nell’attesa la Regione taglierà all’Ars 15 milioni di finanziamento.

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