PALERMO. Vuole uscire dall'euro e dalle politiche dell'Unione europea, che 'strangolano l'economia italianà, e dal cono d'ombra in cui il suo movimento è stato messo da «un regime mediatico» che lo «descrive strumentalmente come il male». Mariano Ferro, leader dei Forconi in Sicilia, guarda lontano e vede la protesta crescere distante da dove è nata: nell'Isola, per poi diffondersi come un virus nel resto d'Italia. Ordinanze di prefetti e questori in Sicilia impongono «il rispetto delle libertà dei cittadini». Stop quindi a blocchi, ma avanti con presidii e volantinaggio.
«Siamo in uno stato di polizia: per noi non è possibile scioperare come possono fare invece i sindacati», contesta Ferro, ricordando la 'tolleranza zerò, ma confermando che questo «non fermerà lo sciopero». La regione ha subìto a caro prezzo negli anni scorsi l'isolamento imposto da blocchi di Tir e agricoltori che hanno messo in ginocchio l'economia locale. E adesso i Forconi «pagano pegno» per quelle iniziative che lasciarono supermercati vuoti, aree di servizio chiuse e aziende che non riuscivano a consegnare e ricevere merce. Lo riconosce lo stesso Ferro, che non vuole sentire però parlare di «flop» dell'iniziativa in Sicilia. «La gente è con noi - sostiene convinto - non ne può più di un governo che non tiene conto delle reali esigenze degli italiani. Si ricordino tutti quello che dice Papa Francesco: 'i poveri non possono più aspettarè. Si dimettessero tutti. A cominciare - dice - dal ministro Maurizio Lupi che definisce non legittima la nostra protesta, ma lui, dopo la sentenza della Consulta sul 'porcellum', si è chiesto se è legittimato a restare in carica?». La legittimazione Ferro la vuole 'popolarè. Per questo chiede un 'diritto di tribunà nelle televisioni nazionali. «Ci devono fare sentire dagli italiani - sottolinea - o ci saranno reazioni difficili da controllare. Sappiamo che il governo non si dimetterà, e siamo pronti a un incontro: ma prima dobbiamo potere spiegare tutto agli italiani: ci vuole la Tv nazionale perchè la gente è stanca di sentire la Santanchè e company...».
Lo farebbe per «lanciare un referendum per uscire dall'euro e poi dall'Unione europea», che si comporta da «cattiva matrigna con l'Italia», e poi «abbassare subito le tasse per fare vivere le persone e chi lavora». Sembra un manifesto politico, ma Ferro esclude, disponibile a firmare «un contratto con gli italiani», che il movimento possa presentarsi alle Europee: «Sarebbe un controsenso e inopportuno - spiega - entrare in un Parlamento che non riconosciamo». Non esclude invece, a priori, un impegno alle politiche: «vediamo cosa succede, adesso è prematuro parlarne». Contesta i partiti: «Ci danno tutti ragione e non fanno niente, anche la Lega e Grillo». «Beppe dice le nostre stesse cose - sostiene - ma lui parla e non fa, con tutti i parlamentari che ha...». Intanto guarda con «commozione» a quanto succede nel resto d'Italia: «ho visto le immagini di Torino con i poliziotti che si tolgono i caschi - rivela - e mi ha fatto bene al cuore». E gli scontri? «I pazzi ci sono sempre e dappertutto», osserva. Respinge l'ipotesi di infiltrazioni mafiose: «lo ha detto anche il procuratore di Caltanissetta, Sergio Lari», e promette che «i primi poliziotti saremo noi del movimento». Intanto si organizza: «faremo dei presidi davanti le sedi della Serit in Sicilia, dobbiamo svegliarli i siciliani, dobbiamo uscire da questo stato di guerra sociale, non siamo eversivi, lottiamo per tutti». Con metodi «nuovi e non divisivi», ed «evitando strumentalizzazioni».
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