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Se il malgoverno si riflette sui banchi

I risultati del rapporto Ocse-Pisa per il 2012 parlano chiaro: una parte dell'Italia, il Nord, sta migliorando nettamente - al punto che gli studenti di Trento, della Lombardia, del Friuli-Venezia Giulia si collocano, nelle classifiche, al livello di quelli olandesi e svizzeri - , un'altra parte, il Sud, precipita sempre più in fondo. La Calabria è addirittura al fondo della graduatoria mondiale, dietro alla Bulgaria e al Kazakistan, ma la Sicilia sta di poco meglio, situata com'è dietro la Turchia e subito prima della Romania.
Le cause sono tante, e non sarebbe saggio enfatizzarne una, ignorando o minimizzando le altre. Non credo di correre questo pericolo, però, se do credito alle statistiche secondo cui in Sicilia, nel 2012, per mancanza di risorse e di mense scolastiche, il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato solo per il 3 per cento degli alunni, mentre in Lombardia è stato presente nel 90% degli istituti. È solo un esempio. Il malgoverno che caratterizza il Meridione ha anche sulla scuola - come del resto sulla sanità e su tutti gli altri settori della vita sociale - un effetto deleterio. Una classe politica autoreferenziale e inefficiente, che prescinde sistematicamente dalla prospettiva del bene comune e offre quotidianamente lo spettacolo desolante di faide e di giochi di potere, sembra troppo impegnata nella gestione dei propri interessi, per occuparsi di far migliorare la scuola. E, a suo confronto, perfino la non idilliaca situazione delle regioni del Nord e del Centro - anch'esse, in questi ultimi anni, devastate da scandalose ruberie - determina un contesto decisamente migliore per lo sviluppo delle strutture scolastiche.
Detto ciò, non posso però non chiedermi se la risposta che gli studenti palermitani stanno dando in questi giorni, con le occupazioni, al degrado della scuola sia la più corretta. Mi ha colpito il fatto che, secondo il rapporto Ocse, il rendimento scolastico è collegato alla disciplina e alle frequenze: in Italia la percentuale studenti che entrano in classe puntualmente è molto più elevata in Veneto, Trento, Bolzano, Emilia, Friuli (con punte del 75%) rispetto, ad esempio, al Lazio (59%) e alla Calabria (54%). Lo stesso gap si registra per quanto riguarda l'assiduità delle presenze che va da quasi l'80% di Bolzano al 37,7% della Campania. Se si tiene conto che quella segnata, in media, dagli studenti italiani (malgrado i dati di Bolzano) è la più alta percentuale di assenze registrata tra i grandi paesi dell'Ocse, si ha un'idea della distanza che separa l'impegno degli alunni del Sud da quello dei loro compagni di altri Paesi.
Ho già detto che la colpa della situazione non è certo dei ragazzi, ma piuttosto di noi adulti che non riusciamo a costruire, nel Meridione, un sistema civile di convivenza. Non sarebbe male, però, che anche gli studenti cominciassero a chiedersi se certi loro comportamenti di protesta non riproducano tristemente gli stili qualunquistici e gli atteggiamenti irresponsabili degli uomini politici che essi contestano. A cominciare dal fatto che la loro contestazione, situata, anno dopo anno, nello stesso periodo - la vigilia delle vacanze natalizie - , e non seguita da alcun serio sviluppo dopo il 6 gennaio, assomiglia maledettamente a una vacanza di cui, stando al rapporto Ocse, non abbiamo proprio bisogno.
Per riscattare la scuola siciliana dal suo degrado è necessario più impegno. Non solo nella trasmissione e nell'assimilazione dei saperi , sulle quali risultiamo, al Sud, drammaticamente in ritardo, ma anche nella crescita della coscienza civile e politica che essa deve promuovere. L'una e l'altra cosa richiedono che, invece di bloccare i loro istituti, escludendone i docenti, i ragazzi collaborino con questi ultimi a rendere più elevata la qualità della loro partecipazione (lungo tutto l'anno scolastico, non facendo chiasso per venti giorni!). Ciò si può ottenere solo rinnovando la didattica e introducendo stabilmente elementi di collegamento tra le discipline studiate e la vita reale, che rendano ogni istituto scolastico al tempo stesso un luogo di seria cultura e un laboratorio per la trasformazione del territorio e della politica. Solo così si possono aprire prospettive per il futuro della nostra terra. Meglio studenti seri oggi che disoccupati domani.

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