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Tutti a piedi: e quarant’anni fa l’Italia si fermò per l’austerity

Entrò in vigore la notte tra sabato 1 e domenica 2 dicembre 1973: niente auto nei giorni di festa, cinema e teatri chiusi entro le 23

Alla mezzanotte tra il primo e il 2 dicembre di quarant’anni fa l’Italia motorizzata si fermò e tutto il Paese fece conoscenza con un termine anglosassone, austerity, fonicamente gradevole, ma che nella sua traduzione letterale in italiano, austerità, risuonava di mestizia e incoscie paure. Quella domenica 2 dicembre 1973 era entrato in vigore il divieto di circolare in automobile (ma il Ministero non dimenticò di proibire anche natanti e velivoli privati) nei giorni festivi, per risparmiare carburante, durante la crisi petrolifera seguita alla guerra del Kippur dell'ottobre precedente. Il provvedimento del governo Rumor, il più noto del pacchetto «austerity», fu varato assieme ad altri come la chiusura di cinema, ristoranti e locali di pubblico intrattenimento a mezzanotte, riduzione dell’illuminazione pubblica, mentre la buonanotte delle «signorine buonasera» della Rai (non esistevano ancora le tv private) veniva anticipata alle 23. Bisogna dire che a prescindere da quell’austerità che invitava, in un periodo di crescita collettiva del Paese, a spendere meno e meglio, quelle domeniche furono vissute anche con una certa allegria. Ci si riappropriava di strade e piazze, ritornando a passeggiare tranquillamente senza il frastuono dei clacson o l’esalazione dei gas di scarico. Furono messi in strada tutti i mezzi di trasporto non motorizzati, biciclette e pattini, tandem e calessi e quant’altro la fantasia seppe escogitare. Erano poche le vetture autorizzate a circolare per esigenze pubbliche. Rispettosi del divieto gli automobilisti, al punto che in Sicilia si registrarono appena 85 contravvenzioni. E malgrado in molte città nevicasse, come ad Arezzo, dove giocava il Palermo di Corrado Viciani, rimediando una pesante sconfitta, i tifosi più fedeli andavano allo stadio in bus o in taxi. E dall’alto non mancarono di dare il buon esempio il presidente della Repubblica Leone, che si recava con la famiglia a seguire Messa in via XX Settembre a Roma o il presidente della regione siciliana Giummarra, visto arrivare in bicicletta a Palazzo d’Orleans. Soddisfatto il Ministero dei trasporti, che con un comunicato certificò che in quella giornata non ci furono vittime della strada, a meno non si volessero considerare tali un ciclista morto d’infarto a Roma e una ragazza travolta da un calessino a Catania. Nella prima domenica di austerità si risparmiarono 50 milioni di litri di benzina e si cominciò a pensare che le quattro ruote non fossero davvero indispensabili. Alcuni mesi dopo fu permessa la circolazione domenicale a targhe alterne e le misure restrittive scomparvero progressivamente mentre il secolo breve si avviava a conclusione con le ultime euforie del boom economico. Adesso, più sensibili alle tematiche ambientali, si é tornati progressivamente a chiudere al traffico le città e a rivivere quegli spazi collettivi per troppo tempo ignorati e che invitano a una socialità non racchiusa fra cellulari e tablet. E l’austerità? Non c’é bisogno, come nel 1973, che venga imposta per decreto. Ognuno di noi, ha dovuto imparare - i tempi sono quelli che sono - a spendere meno, a spendere meglio.

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