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False fatture con ditta fantasma a Caltanissetta, sette finti commercianti nei guai

Smascherato un drappello di extracomunitari che da anni vive in città e s’è radicato nella comunità

CALTANISSETTA. Giro di false fatture per eludere i controlli delle forze dell'ordine e potere attestare, carte alla mano, di essere commercianti. È l'escamotage adottato da un manipolo di extracomunitari (assistito dall'avvocato Diego Perricone) che, però, da anni vive in città dove s'è integrato perfettamente sul territorio e con la comunità, con tanto di figli nati nel cuore di Sicilia.
Per un filone d'inchiesta chiuso a loro carico ve n'è un altro per verificare se abbiano goduto di altri appoggi, oltre quello smascherato dalla procura nissena. Ovvero un'azienda campana, "fantasma" esattamente come quella movimentazione di documenti contabili per attestare l'esercizio di un'attività di compravendita da parte degli indagati. È la "Bijoux Sa De Saleto Vincenzo" di via Fatia, a Napoli, la società che avrebbe emesso quelle fatture. Azienda fasulla, di cui gli inquirenti non hanno trovato la benché minima traccia, come falsa era l'intera documentazione a supporto della richiesta di rinnovo del permesso. Già, perché caso contrario loro in città sarebbero stati per la legge solo dei clandestini. Passibili d'immediata espulsione. Ma per evitarlo era necessario attestare e, soprattutto, dimostrare che svolgevano un'attività lavorativa. Le uniche vie possibili, al di la di un eventuale rapporto di lavoro dipendente, era essere nelle condizioni di possedere un'autorizzazione commerciale, una partita Iva o ad ogni modo documentazione che potesse palesare il loro stato occupazionale. Così, grazie a quella movimentazione di fatture con la società napoletana che in teoria avrebbe commercializzato più prodotti nel campo della bigotteria, il problema sarebbe stato dribblato. Tutti quegli incartamenti sono stati poi presentati all'ufficio immigrazione della questura. Ma la stessa polizia ha acceso i riflettori su quello scenario che è sembrato non privo di coni d'ombra. E le risultanze investigative sembrano avere confermato che l'intuizione era esatta.
Resta, però, da appurare se la rete di compiacenze fosse ancor più ampia di quanto già non sia venuto a galla. E intanto per i sette falsi commercianti finiti al centro di questo primo troncone d'inchiesta è tempo di difendersi in un'aula di tribunale.

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