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Morte sospetta in sala operatoria a Caltanissetta, medici sul banco degli imputati

È l’accusa mossa a carico di due chirurghi dell’ospedale dopo il decesso di una pensionata che s’è sottoposta a più interventi

CALTANISSETTA. È per la morte sospetta di una paziente che due medici dell’ospedale, mentre sono usciti dal dossier i nomi di tre loro colleghi, sono chiamati sul banco degli imputati. Su loro l’ombra del sospetto per il decesso di una donna dopo una lunga odissea che s’è poi chiusa come peggio non si sarebbe potuto.
Omicidio colposo la contestazione che poi la Procura ha mosso nei loro confronti. Ipotesi scattata dopo la morte di una pensionata, Maria Cristina I., settantunenne al momento della sciagurata conclusione del caso.
Al cospetto del giudice sono chiamati i chirurghi Francesco Scaffidi (assistito dagli avvocati Giacomo Butera e Dario Giambarresi) e Michele Cammarata (assistito dall'avvocato Sonia Tramontana), per un dibattimento che si azzererà in quegli atti già compiuti per un cambio di testimone tra giudici. Tutto è legato ai problemi di salute accusati dalla paziente. Che in più di una circostanza è stata ricoverata e dimessa dal «Sant’Elia», passando in quel lasso di tempo per più interventi chirurgici.
Nell’estate di quattro anni fa è morta sotto i ferri. È per problemi all'intestino che la prima volta - era l’aprile del 2009 - è arrivata d’urgenza in ospedale. Immediatamente i medici sono intervenuti chirurgicamente. Però gli esiti, per lei, non sarebbero stati quelli sperati. Tant’è che dolore e sofferenza non sarebbero diminuiti. I medici, di contro, avrebbero presto liquidato quella situazione sostenendo - secondo i contenuti della denuncia poi presentata dai familiari della vittima - come una condizione di normalità.
Solo una questione «psicosomatica». Ma così non è stato. Tant’è che la donna è stata costretta ad entrare ancora in sala operatoria. Ma pure questo intervento non avrebbe risolto i guai. Tanto da finire ancora una volta al «Sant’Elia» e di nuovo sotto i ferri per l’applicazione di una protesi all’apparato digerente. Nulla però sarebbe cambiato nonostante la nuova operazione. Tant'e che nei mesi a seguire sarebbe stato per lei un via vai continuo dall’ospedale. E l’ultima volta che è entrata in sala operatoria, era il mese di luglio, le è stato fatale.
Così il marito, Vincenzo N. (assistito dagli avvocati Giovanni Di Giovanni e Torquato Tasso) ha chiesto alla magistratura di fare chiarezza su quello che in apparenza sembrerebbe un caso di malasanità. Almeno secondo la tesi della procura. E in quella fase i nomi di cinque medici sono finiti al centro di un fascicolo. Ma tre professionisti sono poi usciti dal dossier, gli altri due no.

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