PALERMO. Un centro antiviolenza è stato intestato a lei e altri ne nasceranno. Viene ricordata così a 30 anni dalla sua morte Lia Pipitone, ragazza ribelle figlia di Antonino Pipitone, boss del quartiere Arenella di Palermo che fu uccisa a 25 anni in una rapina il 23 settembre 1983. Secondo le rivelazioni di alcuni pentiti a impartire l'ordine fu proprio il padre, infastidito dalle voci su una sua presunta relazione extraconiugale, ma il boss, vicino a Riina e Provenzano, è sempre stato assolto. Ora, nuove testimonianze e documenti raccolte nel libro scritto dal figlio della donna, Alessio Cordaro e dal giornalista Salvo Palazzolo,('Se muoio sopravvivimì, ed. Melampo) faranno luce sul caso ma il coraggio di Lia, a 30 anni di distanza, ha permesso la nascita di una rete di centri antiviolenza in Sicilia, tutti intitolati a lei, e realizzati dall'associazione 'Millecolorì Onlus. Nella sede di Palermo, la prima a nascere nel febbraio scorso, in via Ammiraglio Persano, all'interno di un bene confiscato, campeggia l'immagine di due mani che spezzano una catena, accompagnate dalla frase «Non bisogna mai avere paura di parlare». Nella sede del centro antiviolenza di Palermo, inoltre, sarà possibile vedere quattro tavole a fumetti ispirate alla storia di Lia Pipitone.
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