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Il Palermo resta un cantiere aperto

A Padova hanno deciso le individualità. A centrocampo i problemi principali

PALERMO. Sono arrivati i punti, non il gioco. Accontentiamoci, esultiamo, cerchiamo di essere positivi. Ma sarebbe un grave errore abbassare la guardia, ritenere che con la vittoria di Padova il Palermo abbia trovato la sua dimensione di «grande», la quadratura del cerchio. Non è così. Vincere è una cosa, giocare bene un’altra. E per tornare in A sarà necessario cominciare a giocare bene: le individualità sono fondamentali ma da sole non potranno risolvere gare contro avversari più tosti di questo Padova.
Intanto, va rilevato, come immaginavamo, che la chiusura del mercato ha restituito al Palermo Abel Hernandez e un tantino anche Sorrentino. Non si capisce cosa passi per la testa di Dybala, che finora rimane l’acquisto più oneroso e più sballato della gestione Zamparini. Va rilevato inoltre che con Muñoz la difesa ha recuperato solidità e che anche Terzi sembra più tranquillo con l’argentino al suo fianco. I pochi minuti in campo di Barreto hanno fatto capire che col paraguaiano a regime molto potrà migliorare.
Perché è proprio in mezzo al campo che a nostro parere il Palermo accusa i principali problemi e non ci sembra normale che Bolzoni debba giocare tutti i palloni, che Stevanovic debba partire in dribbling nel cerchio di centrocampo con la testa bassa come se fosse al limite dell’area avversaria e che se non scatta il contropiede la palla gira sterilmente senza mai trovare sbocchi. Il ricorso al trequartista ha prodotto qualche beneficio, oggi questo modulo sembra il più indicato ma produce ancora poco. Certo non è facile impostare un centrocampo a tre nel quale due elementi hanno sempre giocato sull’esterno e nel suo piccolo pensiamo che Bacinovic sarebbe stato utile. Con Barreto appunto e con Ngoyi le cose potrebbero andare meglio. E si potrebbero sfruttare in modo diverso le corsie esterne. Il problema è anche che Gattuso ha lavorato per due mesi sul «4-2-3-1» e che solo da un paio di settimane s’è convertito al «4-3-1-2», uno schema tattico che lui stesso dovrebbe ben conoscere avendolo praticato a lungo nel Milan. Ci vorrà del tempo per trovare i giusti movimenti, ma purtroppo il tempo è un privilegio che nessun allenatore a Palermo ha mai avuto. Già venerdì contro il Cesena ci sarà un altro esame da superare. Insomma, il Palermo resta un cantiere aperto. Tre punti per respirare, per allentare la tensione e per ritrovare qualche giocatore che mancava all’appello. Tre punti per cominciare a credere nei propri mezzi, ma che non devono illudere.
 

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