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«Non volevo ucciderlo mi sono solo difeso», Valenti resta in carcere a Gela

Convalidato l’arresto del fratricida, che dice di essere pentito e non ricordare nulla. Ieri si sono svolti i funerali di Alessandro

GELA. “E' stato lui ad aggredirmi, volevo solo difendermi. Non volevo uccidere mio fratello, non doveva succedere”. Vincenzo Valenti appare confuso. Piange in cella, cambia versione dell'omicidio del fratello Alessandro davanti al magistrato e si dice “dispiaciuto”. Il gip del tribunale, Alberto Leone, ha convalidato l'arresto dei carabinieri, accogliendo la richiesta del sostituto procuratore Silvia Benetti. Durante l'interrogatorio il fratricida, assistito dall'avvocato Carole Macrì, ha cercato di raccontare quei drammatici minuti in cui la lite si è trasformata in assassinio. Un racconto frammentario, poco lucido, a volte insensato. Prova a spiegare, si interrompe, poi dice di non ricordare nulla di quei momenti. “Perchè avete iniziato a litigare?”, gli chiede il giudice. “Non ricordo nulla”, è una delle risposte più frequenti. Vincenzo Valenti ricorda solo di essere stato aggredito dal fratello e di essersi difeso impugnando un coltello da cucina. Solo dopo l'arresto si è reso conto di aver ammazzato il fratello. Una vicina di casa ha raccontato che dopo averlo accoltellato, l'omicida avrebbe detto “se lo meritava”, mentre ieri più volte ha detto di essersi pentito di quel gesto, manifestando inoltre la volontà di voler aiutare la vedova del fratello, Giusi Trebiani di 26 anni e la piccola Martina di 3 anni. L'arresto, come era prevedibile, è stato confermato e Vincenzo Valenti rimarrà recluso nel carcere di contrada Balate in attesa di una decisione definitiva.
Intanto ieri pomeriggio presso la chiesa Sacro Cuore si sono svolti i funerali di Alessandro Valenti. C'erano i genitori del trentenne ucciso, gli altri fratelli, i vicini di casa e tutte le persone che lo conoscevano. Il funerale è stato composto, in un silenzio dignitoso, quasi come se la vedova non avesse più lacrime da versare. Nessun grido di dolore e disperazione. Un dolore composto e dignitoso quello di tutta la famiglia Valenti. Sulla bara è stato poggiato un cuscino di rose rosse e bianche e a terra, una composizione floreale a forma di cuore. Don Angelo D'Amico, non ha usato toni forti contro l'assassino, ma si è concentrato sul dolore della famiglia, invitando tutti al perdono e alla preghiera.

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