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Ex Pip, sussidi ai precari: ma restano a casa

Dall’Inps assegni da circa 600 euro a 2.900 lavoratori. La ripresa delle attività forse a settembre

PALERMO. Da fine giugno hanno iniziato a percepire quasi tutti il sussidio dell’Inps, in media di 500-600 euro al mese, ma nessuno degli oltre tremila ex Pip, precari storici di Palermo, ad oggi è tornato al lavoro. Il motivo? Dal dipartimento regionale delle Politiche sociali spiegano che quando erano pronte le pratiche dei primi 400, i sindacati hanno chiesto espressamente di congelarle per utilizzare tutti i precari contemporaneamente, in modo da evitare una «guerra tra poveri» che avrebbe potuto causare malumori e disordini. L’attività svolta dà anche diritto a un’integrazione economica della Regione che porta l’indennità totale a poco più di ottocento euro. Ma al momento restano tutti a casa pagati dall’Inps.
Il comitato Emergenza Palermo, creato dagli stessi lavoratori, prende però le distanze dai sindacati: «Non abbiamo sigle che ci rappresentano - dice il leader Ludovico Gippetto - chiediamo al presidente Crocetta di dialogare con noi. Vogliamo evitare disordini, ma siano mantenuti gli impegni. Vogliamo lavorare».
Si apre così un nuovo scontro tra Regione ed ex Pip, storico bacino di precari nato alla fine degli anni Novanta in capo al Comune di Palermo e utilizzato in uffici pubblici, assessorati, ospedali, con un costo di 36 milioni di euro l’anno. Nel 2008 il governo Lombardo pianificò il rientro nell’orbita della Regione, che ha sempre garantito il pagamento delle indennità. Questa operazione si concluse nel 2010 con la nascita della Social Trinacria, società che assorbì i tremila operai e grazie a una convenzione li mise a disposizione della Regione. La convenzione era però triennale e una volta scaduta, il governo Crocetta ha individuato un nuovo percorso. La soluzione ha previsto il licenziamento di tutti i lavoratori (perchè la convenzione con la Regione sarebbe stata illegittima) che adesso, per circa un anno, riceveranno dall’Inps un sussidio di disoccupazione, l’Aspi, tra i 500 e i 600 euro circa, in base a età e carico familiare. Nel frattempo, l’accordo prevede che tornino a svolgere lavori socialmente utili presso tribunali, prefettura o assessorati per opere ad esempio di manutenzione, archivio o facchinaggio. Per queste attività la Regione integrerà le indennità con assegni che porteranno in tutto i compensi a 833 euro, somma alla quale si aggiungono in certi casi gli assegni familiari per un totale di 1.200, 1300 euro massimo.
Man mano che sarebbe arrivato il sussidio dell’Inps, la Regione avrebbe avviato gli operai al lavoro. La dirigente generale del dipartimento delle Politiche sociali, Maria Antonietta Bullara, spiega che «eravamo pronti a immettere in servizio i primi 400 precari, ma i sindacati lo scorso mese ci hanno chiesto di attendere per evitare disparità. Adesso aspettiamo solo che l’Inps ci comunichi di avere erogato il sussidio a tutti per riavviare l’iter». Circostanza confermata da Mimmo Russo della Cisal: «Era opportuno che partissero tutti insieme - ricorda - altrimenti in questo clima di caccia alle streghe c'era il rischio di creare ansie e rivalità tra i lavoratori».
La Regione adesso aspetta il via libera dell’Inps per immettere al lavoro gli ex Pip. L’Istituto di previdenza spiega che «le pratiche sono quasi concluse e l’Aspi è stata garantita già a quasi 2.900 lavoratori. In settimana potrebbero essere trasmessi gli elenchi alla Regione». Ma secondo Russo «oggi è impossibile che rientrino al lavoro perché manca la convenzione tra Regione, ministero e Inps sul modello di quella fatta con la Gesip».
In tutto sarebbero poco più di tremila i lavoratori in attività, mentre la Regione ha avviato le verifiche scoprendo che decine di loro avrebbero percepito sussidi mentre erano in carcere, revocando loro il contributo.

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