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Scoprire il mare: un pesce robot studia la Sicilia

Viene usato per analizzare l’habitat nelle vicinanze della costa. Permette il monitoraggio di una zona che comprende gli ecosistemi più produttivi

PALERMO. L’acciuga è una delle risorse alimentari più importanti dell’ecosistema marino che circonda la Sicilia. Per questo esistono delle norme di pesca che ne tutelano la cattura nei periodi di riproduzione. Ma come si fa a monitorare i flussi migratori dei pesci? Quali tecnologie vengono utilizzate per l’esplorazione subacquea?
I primi passi furono mossi negli anni Cinquanta grazie all’impegno del francese Jacques-Yves Cousteau, che oltre ad inventare il respiratore subacqueo, fu precursore di una metodica di ricerca sviluppata con l’ausilio di una nave oceanografica ed il supporto di un batiscafo per l’esplorazione di fondali profondi. Oggi il lavoro degli studiosi di biologia marina, sulla traccia segnata da Cousteau, viene svolto prevalentemente in mare, all’inseguimento dei banchi di pesci, per studiarne comportamento e riproduzione.
Le nuove tecnologie sono tese a garantire uno sfruttamento sostenibile delle risorse marine, come dimostrano alcuni interessanti progetti in atto.
Uno di questi prevede lo studio del comportamento dei pesci nel loro ambiente naturale, tra correnti e moti ondosi. Recentemente un gruppo di scienziati del centro per la biorobotica del politecnico di Tallin, collaborati da alcuni ricercatori di Genova, Verona e Lecce, ha messo a punto un robot che ha le caratteristiche e la forma di un pesce. Si chiama Filose (Robotic FIsh LOcomotion and SEnsing) e assomiglia a una trota arcobaleno, nella forma e nel comportamento. Si tratta di un pesce-robot in grado di reagire ai cambiamenti di flusso e di turbolenza dell’acqua che potrà essere usato per riprendere e studiare l’habitat marino nelle vicinanze della costa, dove i robot sottomarini tradizionali con propulsione ad elica incontrano grandi difficoltà di manovra, permettendo così il monitoraggio di una zona che comprende gli ecosistemi più produttivi del mondo.
Un altro progetto tecnologico tutto italiano è il FOOS (Fisheries Oceanography Observing System), un dispositivo progettato, sviluppato e realizzato dal CNR nell’ambito del Progetto Bandiera Ritmare, il più importante progetto marino italiano per il periodo 2012-2016, visibile sul sito www.ritmare.it.
Ce ne parla Bernardo Patti, ricercatore CNR-IAMC (Istituto per l'Ambiente Marino Costiero di Mazara). «L’obiettivo del FOOS è quello di contribuire a determinare un significativo sviluppo nell’uso di tecnologie a supporto delle attività di pesca e dello sfruttamento sostenibile delle risorse rinnovabili del mare. Il dispositivo, una volta installato a bordo di pescherecci, permette il monitoraggio in tempo reale dell’ambiente marino inviando a terra i dati riguardanti la posizione e la velocità di spostamento delle imbarcazioni, nonché di una serie di parametri ambientali quali ad esempio la temperatura e la salinità superficiale del mare, la profondità del fondo marino, l’intensità e la direzione del vento, ed altri dati. E permette di ottenere informazioni utili per l’individuazione di aree pesca potenzialmente più favorevoli e compatibili con il loro rinnovamento legato ai cicli biologici».

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