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Ridurre le tasse, l’eterna questione

La polemica sulla «evasione da sopravvivenza» evocata da Stefano Fassina ripropone l'antico problema di una riduzione ragionata e contrattata delle aliquote fiscali in Italia. Silvio Berlusconi vinse le elezioni del 2001 con lo slogan «Meno tasse per tutti», promettendo che avrebbe ridotto a due le aliquote fiscali: 23 e 33 per cento. La crisi finanziaria successiva agli attentati alle Torri Gemelle dell'11 settembre mandò per aria ogni ipotesi di riduzione, salvo che per la più bassa fascia di reddito (aumentò il numero degli esenti da imposte). Il Cavaliere fu anzi accusato di non aver fatto una politica con più lacrime e più sangue e lui rispose di non aver voluto seguire l'esempio negativo di Herbert Hoover la cui politica restrittiva aggravò la crisi del '29. In quegli anni in articoli e libri lanciai al Cavaliere la proposta di convocare i rappresentanti dei cinque milioni di italiani con una partita Iva (imprenditori di ogni genere e professionisti) e proporre di abbassare per uno o due anni le aliquote al livello di quelle promesse, nella convinzione che il gettito tributario sarebbe aumentato grazie al crollo dell'evasione fiscale. Se l'esito dell'esperimento fosse stato negativo, le aliquote sarebbero tornate quelle di prima e il popolo delle partite Iva si sarebbe trovata Guardia di finanza e agenti del fisco fuori della porta della fabbrica, del laboratorio e dell'ufficio. Naturalmente la gestione non sarebbe stata facile, visto che i lavoratori dipendenti in Italia sono quasi 13 milioni, il doppio di quelli autonomi, e quindi il maggior gettito dei secondi avrebbe dovuto compensare il minor gettito dei primi. Ma sia i governi di centrodestra che di centrosinistra non hanno mai tentato nessun esperimento di riduzione tributaria contrattata e modulata e il risultato è che abbiamo una delle tassazioni più forti del mondo a fronte di servizi spesso inadeguati.
Negli anni ho proposto sia a Giulio Tremonti che a Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell'Economia di Romano Prodi, di tentare una qualche forma di conflitto di interessi tra artigiani e professionisti e i loro clienti, consentendo di portare in detrazione almeno una parte di parcelle e fatture. Entrambi mi risposero che per il fisco sarebbe stato un bagno di sangue. Ci sono tuttavia in questo campo risultati positivi e negativi. Negativo è stato per ora il risultato della (benedetta) cedolare secca sugli immobili affittati a privati: il gettito è diminuito ed è una vergogna. Molto positiva è risultata invece la detraibilità fino al 50 per cento delle spese di ristrutturazione, sia pure spalmata in un decennio, e altrettanto positivi sono gli incentivi per l'acquisto di mobili e di elettrodomestici. Ma siamo molto lontani da qualunque riforma strutturale. Eppure esempi incoraggianti non mancano. Sali Berisha, che è stato per otto anni e fino a poco fa capo del governo albanese, mi ha raccontato che subito dopo aver portato nel 2008 al 10 per cento l'aliquota unica delle imposte il gettito è enormemente salito. L'Irlanda, che qualche anno fa era in bancarotta, si è risollevata senza toccare le bassissime aliquote fiscali che hanno attratto nell'isola una moltitudine di società.
E' un fatto che chi paga le tasse in Italia si trova in una posizione ridicola rispetto a chi evade 270 miliardi all'anno di imponibile. Ma ha ragione Stefano Fassina, uomo di sinistra tutto d'un pezzo, quando riconosce che per alcuni pagare le tasse fino all'ultimo centesimo significa chiudere. Un giorno dissi a un importante signore del Fisco che se fossi un imprenditore in difficoltà tra il dover scegliere se pagare gli stipendi e i contributi previdenziali ai miei dipendenti e versare le imposte sacrificherei queste ultime. Lui non potette darmi torto. «Porta a porta» propose al governo Monti di destinare alla riduzione delle aliquote fiscali, partendo dai redditi più bassi, metà dei dodici miliardi ricavati dalla lotta all'evasione fiscale. Non fu e a quanto pare non è possibile perché la spesa pubblica è una idrovora. Eppure questo governo non può e non deve arrendersi. Con la maggioranza che ha, è il solo a potersi permettere misure impopolari per le clientele dei partiti che la formano. Ma se non riesce a portare a casa l'abolizione di tutte le province e di poche decine di uffici giudiziari, se non riesce a tagliare di qualche miliardo la spesa pubblica, avremo davvero perduto anche l'ultima occasione.

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