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Formazione, regole più rigide per gli enti

Venerdì uscirà il bando per selezionare chi svolgerà i prossimi corsi. Via a regole anticorruzione. L’assessorato annuncia: le strutture dovranno pagare gli stipendi e certificare l’assenza di infiltrazioni mafiose

PALERMO. Gli enti di formazione saranno «una casa aperta», dovranno comportarsi alla stregua degli enti pubblici, garantendo la massima trasparenza su appalti e sulle spese, dovranno anche impegnarsi a seguire comportamenti moralmente corretti, pena lo stop ai finanziamenti: sono in sintesi i principi contenuti nel nuovo bando dell’assessorato regionale alla Formazione per individuare gli enti che svolgeranno i prossimi corsi di formazione. Si tratta del cosiddetto sistema di accreditamento, che rilascia una sorta di patente alle strutture. Le nuove regole, messe a punto nei mesi scorsi dai tecnici dell’assessorato, che però, a partire dalla prossima annualità, faranno i conti con regole più stringenti. Potranno partecipare anche nuovi enti rispetto ai 1.600 oggi abilitati, che comunque avranno circa cinque mesi di tempo adeguarsi alle nuove disposizioni.
Il decreto dell’assessore Nelli Scilabra sarà pubblicato venerdì in Gazzetta ufficiale. Da quel momento scatterà l’iter per l’accreditamento. Il decreto entrerà in vigore 30 giorni dopo, poi ci saranno 90 giorni di tempo per preparare le istanze e dopo 60 giorni saranno istruite le procedure. I controlli, spiegano dall’assessorato, saranno effettuati immediatamente. «Una novità assoluta - spiega Lucio Guarino, capo segreteria tecnica dell’assessore Scilabra - considerato che prima le verifiche venivano effettuato solo in un secondo momento, tanto che le altre regioni non riconoscevano l’accreditamento rilasciato agli enti siciliani».
Il nuovo sistema introdurrà requisiti di affidabilità morale, organizzativa, tecnica. Saranno introdotti i vincoli oggi utilizzati dal codice nazionale degli appalti. Gli enti dovranno essere in regola col pagamento delle imposte e degli stipendi e dovranno certificata l’assenza di infiltrazioni mafiose. Necessario anche l’adeguamento alle disposizioni anticorruzione: nel caso dell’Ancol di Messina, spiegano ad esempio gli uffici della Formazione, i magistrati hanno evidenziato proprio l’assenza delle previsioni della legge 231. In sostanza anche se a commettere certi tipi di reato sono dirigenti o dipendenti, è introdotta una responsabilità amministrativa a carico degli enti che perderanno la patente per tenere i corsi. Ciò accadrà anche in assenza di reati penali, se saranno infrane le norme sul rispetto della morale. È il caso, spiegano i tecnici, della mancata denuncia di richieste estorsive.
Gli enti dovranno avere poi dotarsi di una sede fisica esclusiva: nell’inchiesta di Messina sarebbe emerso invece l’utilizzo in comune di alcune strutture da parte di di enti diversi. Con particolare riferimento ai corsi Oif, per garantire l’obnbligo formativo, gli enti dovranno essere alternativi alle scuole, garantendo lavoratori e attrezzature di qualità adiacenti alla sede dove svolgono i corsi.
Previste misure più stringenti sulla trasparenza: gli enti dovranno documentare in maniera chiara e visibile a tutti la spesa delle risorse, l’elenco dei fornitori e le procedure utilizzate. Dovranno inoltre garantire accordi con sindacati e imprese per facilitare l’accesso al mercato del lavoro dei corsisti.
 

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