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La casta e la suburra

Sul Giornale di Sicilia in edicola l'intervento a firma del presidente della Regione, Rosario Crocetta, sul suo rapporto con il Pd e sulle recenti inchieste giudiziarie

Certo è singolare che all'indomani di vicende come quella del Ciapi, della formazione, di Sicilia e-Servizi, degli ex Pip di Palermo, l'andamento della vita regionale e il dibattito politico seguano il ritmo a cui assisto fin dal primo giorno del mio insediamento.
Gli ex Pip che si lamentano «non siamo tutti mafiosi», - ma chi lo ha mai detto? Altrimenti li avremmo licenziati tutti; alcuni ragazzini della formazione, che inconsapevoli, intonano una canzoncina davanti Palazzo d'Orleans «non toglieteci il futuro», dove il futuro dovrebbe essere quello dello Ial che riceve i fondi e non paga i lavoratori, quello della parentopoli infinita - che non è solo Messina - ma che riguarda i corsi di formazione, i piani di comunicazione, gli appalti del Cas, gli appalti sempre a trattativa negoziata e la loro sistematica proroga o rinnovo, i consigli di amministrazione gestiti dalla politica e che tali devono rimanere perchè altrimenti «Crocetta costruisce il suo partito». In tutto questo, la politica da dicembre discute di rimpasto, di mancata spesa dei fondi europei e adesso di Megafono. È come la storia di quei famosi teologi che parlano di sesso degli angeli durante la pestilenza di Bisanzio.
Il PD è vergine, il «Megafono, non l'aveva considerato»; alcuni tuonano «Crocetta ha fatto un altro partito!». Solo che i partiti hanno tessere, uno statuto, un segretario etc, noi abbiamo gente che condivide un'idea, ma questo non importa nel gioco delle correnti, come non importa se esponenti del PD rischiano l'arresto, conta che «riusciranno a dimostrare la loro innocenza».
C'è un sistema politico che, invece di pensare alla rivoluzione, a snidare il malaffare, alla legalità, agli interessi clientelari e politici da debellare, continua a fare il processo al presidente Crocetta.
Ma processo per cosa? La spesa europea non è stata investita? Noi abbiamo avuto il via libera da Bruxelles solo il 5 luglio scorso, quindi siamo responsabili dell'ultimo quadriennio o degli ultimi 10 giorni? Una colpa gravissima. «Confiteor ad Ars onnipotentem».
È questo il confronto che si vuole? È questa la politica del dialogo? Mi sarei aspettato un dibattito nel corso del quale il governo potesse illustrare il piano di spesa e il suo calendario ben preciso, per altro già noto alla stampa Ma l'importante è non discutere di temi veri, come i 200 milioni di Sicilia e-Servizi, i 160 della comunicazione, quelli del Cas, i soldi che non sono stati versati da Mercadante, gli appalti assegnati con trattativa negoziata e prorogati o rinnovati alla loro scadenza.
Il sistema deve girare com'è girato prima, con la suburra che attacca il Palazzo a colpi di pistola e molotov, per continuare a pagare gente in carcere col 416bis, con i ragazzi degli enti di formazione che protestano perchè non vengono pagati dagli enti che incassano e distraggono le somme.
Ecco che il sistema scopre di non avere antidoti e al centro del dibattito mette «che fa il Megafono?», - che è nato alle scorse regionali come una lista all'interno del centrosinistra, riconosciuta e voluta da tutti. Il vero tema è la questione morale come questione siciliana, economica, che ha prodotto il pozzo di San Patrizio dei furti al bilancio regionale e la corruzione. Così, con mio grande rammarico, continuo a registrare la mia profonda «diversità» che è soltanto quella di non volere essere complice di un sistema di potere di cui la Sicilia si deve disfare.
Sarà la casta a buttarmi fuori dal Palazzo? O la suburra che, come si dice a Palermo, avrebbe pagato per entrare nei servizi di pubblica utilità, o forse lo faranno insieme? O forse sarà la mafia, seguendo un metodo più classico o i dossier inviati quotidianamente da qualche avvocato di Palermo, che col sistema di potere c'entra e molto? Resta il fatto che a 8 mesi dal mio insediamento, quando vado in giro noto i sorrisi delle ragazze e dei ragazzi siciliani, dei disoccupati, delle casalinghe, della gente comune. E questo mi dà forza.
Sono convinto che vinceremo, ma se dovessi «morire», si sappia che lo farò stando in trincea, sulle barricate, fino all'ultimo respiro. Nessuno si illuda che dopo il mio governo, la Sicilia tornerà ad essere quella che era.
Io ci metto tutto in questa battaglia, anche la vita se è necessario.
* PRESIDENTE DELLA REGIONE

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