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Politica e giustizia, la riforma necessaria per un Paese che vuole andare avanti

In Italia non esiste la Ragion di Stato probabilmente perché non esiste uno Stato o comunque non esiste uno Stato come viene concepito nelle altre democrazie occidentali. In Italia il marine che ha ucciso Bin Laden sarebbe sotto processo per omicidio volontario. Non a caso da noi sono rari i capi dei servizi segreti o dei reparti più esposti nella lotta alla criminalità che di dritto o di rovescio non finiscano sotto processo.
In Francia lo Stato non avrebbe consentito che fosse ferito a morte un gioiello come Finmeccanica. Né sarebbe immaginabile un caso Ilva in cui la magistratura ha travolto ogni ragionevole ipotesi di gestione dell'emergenza. E potremmo continuare. Tutti i violenti, gli avvelenatori e i corrotti sono da noi? No di certo. Altrove il governo (qualunque governo) ha influenza sulla pubblica accusa e traccia un confine netto tra quello che giova allo Stato e quello che può danneggiarlo. Se abbiamo la «Costituzione più bella del mondo» e la magistratura che ha l'unico potere incontrollato e incontrollabile del Paese, non possiamo meravigliarci che il sistema rischi di saltare in ogni momento. Silvio Berlusconi non sarà certo uno stinco di santo, ma se in diciannove gli anni lo hanno messo sotto inchiesta 34 volte per i reati più diversi, forse c'è qualcosa che non funziona. Se dinanzi al clamoroso anticipo del processo di Cassazione per i diritti cinematografici un uomo come Franco Coppi, forse il più illustre penalista italiano, lontanissimo in tutto da Berlusconi - tranne che per il suo ruolo occasionale di difensore tecnico - dice di non aver mai visto niente di simile nella sua lunga carriera, sarà difficile spiegare al Cavaliere che quello che gli sta capitando è perfettamente normale. In un paese in cui le sezioni feriali vengono attivate solo a garanzia di imputati detenuti o per evitare la prescrizione di gravi fatti di mafia, il trattamento riservato a Berlusconi lascia molto pensare. Il presidente della Suprema Corte Giorgio Santacroce è certamente un galantuomo, ma ieri ha dovuto arrampicarsi sugli specchi per contrabbandare per “normale” qualcosa che qualunque avvocato cassazionista, comunque voti, considera abnorme. Santacroce sa benissimo che ogni giorno si prescrive una quantità clamorosa di processi. Sa che la lunghezza dei nostri giudizi penali, oltre che civili, è spesso sterminata. Essendo stato un bravo pubblico ministero, sa che la cosiddetta obbligatorietà dell'azione penale non esiste. Esiste invece - dinanzi all'enormità dei fascicoli che si affastellano sulle scrivanie dei pm - la discrezionalità di stabilire a quali dare la priorità. Quando il processo Cusani mise sotto accusa la Prima Repubblica durò tre anni dall'arresto dell'imputato alla sentenza di Cassazione. Record mai ripetuto. L'anticipo del processo Berlusconi al 30 luglio è un altro record. Ma un paese normale vuole regole, non record. E le leggi ad personam che sono valse al Cavaliere qualche favore, rischiano di scomparire dinanzi a quel che gli è stato scatenato addosso e a sentenze come quella Ruby che fanno sorridere in privato qualunque giurista. La Ragion di Stato richiederebbe non assoluzioni regalate, ma prudenza e buon senso. E invece il corto circuito tra politica e giustizia che negli ultimi mesi si è cercato disperatamente di evitare esplode in tutta la sua violenza con conseguenze difficili da prevedere. Resta spiazzato pesantemente Giorgio Napolitano che vuole giustamente evitare a ogni costo che si vada a votare con la vecchia legge elettorale e ha nominato un governo di unità nazionale che tamponi la crisi. L'atteggiamento di buon senso di Pd e Scelta Civica che ieri hanno avallato una decisione comprensibile ma grave come quella del PdL di sospendere per un giorno i lavori del parlamento dimostra quanto sia condivisa l'eccezionalità della situazione. È un bene tuttavia che da oggi le Camere riprendano la normale attività perché nessun gesto stravagante può giovare né alla democrazia, né a Berlusconi. Ma temiamo che il governo non potrà sottrarsi ad esaminare un progetto di riforma della magistratura che il Pdl produrrà e che molti anche nel Pd cominciano a non avversare come un tempo.

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