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Luigi Accattoli: «Il Papa esorta alla preghiera per essere più responsabili»

Secondo il vaticanista il Pontefice «vuole il popolo partecipe alla conduzione della Chiesa»

In poche ma essenziali righe la sala stampa del Vaticano ha annunciato nei giorni scorsi la visita di Papa Francesco a Lampedusa. Una visita che ha colto molti di sorpresa e che ha come intento quello di abbracciare una parte di quel Sud del mondo sfruttato e, spesso, dimenticato. «Papa Francesco - si legge nel comunicato -, profondamente toccato dal recente naufragio di un'imbarcazione che trasportava migranti provenienti dall'Africa, ultimo di una serie di analoghe tragedie, intende pregare per coloro che hanno perso la vita in mare, visitare i superstiti e i profughi presenti, incoraggiare gli abitanti dell'isola». Si torna così al tema della preghiera. Una preghiera che Jorge Mario Bergoglio, nella veste di nuovo Pontefice, ha chiesto sin dal primo momento. «Un esempio per le comunità parrocchiali», spiega Luigi Accattoli, vaticanista, che oggi attraverso il suo blog, www.luigiaccattoli.it, analizza le scelte e le parole del nuovo pontefice.

IL RICHIAMO CONTINUO ALLA PREGHIERA È FORTE IN PAPA FRANCESCO. A LAMPEDUSA IL PONTEFICE INTENDE PREGARE PER COLORO CHE HANNO PERSO LA VITA IN MARE E VISITARE SUPERSTITI E PROFUGHI. QUANTO È IMPORTANTE OGGI QUESTO RICHIAMO PER LA CHIESA?
«Francesco celebra ogni giorno pubblicamente e questo è un esempio per le comunità parrocchiali e d'altro tipo. Più specificamente invita il popolo a pregare con il Pater Noster e l'Ave Maria sia per il “vescovo emerito di Roma” in occasione della prima uscita sulla Loggia dopo l'elezione, sia per il patriarca di Costantinopoli quando lo saluta all'Angelus in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo. Dalla Loggia e poi in parrocchia invita il popolo a invocare su dì sé la benedizione di Dio, che riceve inchinandosi. Ogni Papa invita alla preghiera. Di specifico in Francesco c'è il fatto che egli ne fa un elemento del rapporto tra vescovo e popolo. Che a Lampedusa diventa rapporto tra vescovo e popolo sofferente. Direi che Francesco tenda a corresponsabilizzare il popolo perché partecipi con la preghiera alla conduzione della vita della Chiesa».

TRA LE PRECISAZIONI FORNITE DALLA SALA STAMPA VATICANA C'È CHE «LA VISITA DEL PAPA SI REALIZZERÀ NELLA FORMA PIÙ DISCRETA POSSIBILE, ANCHE RIGUARDO ALLA PRESENZA DEI VESCOVI DELLA REGIONE E DELLE AUTORITÀ CIVILI». CHE SIGNIFICATO ASSUME QUESTA SCELTA?
«Due significati. Il primo è che quando va al popolo egli non vuole autorità che occupino la scena: l'abbiamo visto con le uscite per Roma e sappiamo che faceva così a Buenos Aires. Il secondo è specifico del luogo di dolore che è Lampedusa, dove le presenze di “onore” risulterebbero stonate. Una scelta simile compì con l'andata al carcere minorile il Giovedì Santo».

PERCHÉ INCLUDERE ANCHE I VESCOVI SICILIANI IN QUESTO RICHIAMO ALLA DISCREZIONE?
«Perché anche i vescovi in tale occasione verrebbero a costituire un elemento di parata. Ci sarà l'arcivescovo di Agrigento, per rispetto alla regola “vescovo e popolo”. Ma l'episcopato della regione con in testa il cardinale di Palermo verrebbe a costituire una “foto opportunity” inappropriata e ingombrante, stante la veduta severa perseguita da Papa Bergoglio nell'incontro con i bisognosi che devono essere loro al centro dell'attenzione».

PROPRIO QUALCHE GIORNO FA IL PAPA, NEL CORSO DI UN INCONTRO CON I RAPPRESENTATI PONTIFICI, HA DETTO CHE «I PASTORI DEVONO SAPER STARE DAVANTI AL GREGGE PER INDICARE LA STRADA, IN MEZZO AL GREGGE PER MANTENERLO UNITO, DIETRO AL GREGGE PER EVITARE CHE QUALCUNO RIMANGA INDIETRO E PERCHÉ LO STESSO GREGGE HA, PER COSÌ DIRE, IL FIUTO NEL TROVARE LA STRADA». QUAL È LA NOVITÀ E L'IMPATTO DI QUESTE PAROLE?
«Aveva già detto il Giovedì Santo che i pastori devono avere l'odore delle pecore e parlando ai vescovi italiani aveva raccomandato questa stesa camminata davanti, in mezzo e dietro al gregge perché in essa trovi piena espressione la “comunione dei pastori con il popolo”. La novità del discorso ai “rappresentanti pontifici” sta nell'accenno al “fiuto” del gregge nel “trovare la strada”. Si tratta del richiamo a un principio classico della dottrina cattolica definito con le parole “sensus fidelium”: e cioè sentimento e avvertenza che i fedeli hanno della fede. Un richiamo divenuto raro nei tempi moderni ma che Francesco vorrebbe rifare attuale, perché i cristiani non stiano sempre ad attendere i comandi dall'alto come fossero “teleguidati”, ha detto ultimamente. Un'esortazione a che ognuno faccia la sua parte e anche il popolo si assuma la sua responsabilità. Per esempio sui temi della politica e delle leggi: Francesco con quel richiamo viene a dire che il popolo ha il suo “fiuto” e non è necessario che siano sempre i vescovi a dire che cosa si debba fare».

LA CHIESA SI TROVA OGGI A FARE I CONTI CON UNA NOVITÀ: LA CONVIVENZA DI DUE PAPI. ABBIAMO ASCOLTATO PIÙ VOLTE I RICHIAMI DEL NUOVO ALL'EMERITO. QUANTO QUESTO INFLUISCE NEL PONTIFICATO DI FRANCESCO?
«Credo che influisca molto e che si tratti di un'influenza positiva. Venerdì è stata pubblicata la prima enciclica del nuovo Papa - Lumen Fidei: la luce della fede - che costituisce a un tempo il testo programmatico di Francesco e l'ultimo dono di Benedetto alla Chiesa. Una specie di inedito passaggio del testimone tra i due Papi. Gli intellettuali - specie quelli legati all'immagine tradizionale della figura papale, unica, alta, inavvicinabile - fanno difficoltà a recepire la “convivenza” dei due, ma questa difficoltà non la fanno loro e non la fa il popolo, che gioisce dell'immagine delle due figure bianche inginocchiate in preghiera».

NON CI SONO RISCHI IN QUESTA COMPRESENZA DEI DUE PAPI?
«Sono rischi più ideologici, legati alla memoria delle lotte medievali tra Papi e antipapi, che pratici e concreti. Si vede bene che Francesco non è condizionato in nulla dalla presenza del predecessore e che questi è consolato dalla vicinanza del successore»

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