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Strage Chinnici, dopo 15 anni ricompare un fascicolo

PALERMO. Per 15 anni non se ne era saputo più nulla. Ora è improvvisamente ricomparso a Palermo un fascicolo nel quale è ricostruita la storia oscura del processo per la strage in cui fu ucciso nel 1983 il giudice Rocco Chinnici. Alcuni pentiti hanno raccontato a suo tempo che l'esito del terzo processo d'appello, celebrato a Messina nel 1988 dopo due annullamenti della Cassazione, sarebbe stato "aggiustato". Per arrivare all'assoluzione per insufficienza di prove di Michele e Salvatore Greco, indicati come i mandanti dell'attentato, la mafia avrebbe corrotto un magistrato.

Sotto accusa era finito nel 1998 il presidente della corte d'assise d'appello che aveva emesso la sentenza, Giuseppe Recupero. Ma la magistratura di Reggio Calabria, dove l'inchiesta era stata trasferita, si era dichiarata incompetente. Il fascicolo era quindi tornato a Palermo. Il passaggio non era stato però annotato nei registri del palazzo di giustizia e il caso era stato quindi "dimenticato". Nessuno in questi anni ha più indagato sulla presunta corruzione di Recupero.

Il caso è tornato casualmente alla luce per la scoperta di due giornalisti, Fabio De Pasquale e Eleonora Iannelli, che stavano preparando un libro sulla strage Chinnici, "Così non si può vivere", pubblicato in questi giorni dall'editore Castelvecchi. La loro ricerca si era fermata perché il
fascicolo non era stato più assegnato. Solo ora è stato ritrovato e riaperto dal procuratore aggiunto Vittorio Teresi. Ma intanto il giudice Recupero è morto da cinque anni. L'inchiesta cercherà comunque di accertare se la mafia abbia veramente versato a Recupero o ad altri, come sostengono alcuni collaboratori, 200 milioni delle vecchie lire.

Dietro l'autobomba al tritolo che dilaniò Chinnici, due carabinieri della scorta e il portiere c'era, scrivono gli autori del libro, un patto scellerato tra mafia militare e potere politico-economico, ma anche una giustizia "sonnolenta". Il lavoro di Chinnici, che per primo costituì un pool antimafia con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si scontrò con le ostilità ambientali di un ambiente saturo di
veleni.

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