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Governo, l’urgenza è la legge elettorale

I tempi dell’economia non aspettano quelli della politica. Il Paese si dibatte in una crisi economica che sta per spegnere la quinta candelina: la politica è persa dietro riforme istituzionali. Sappiamo che i due piani si toccano: la scarsa fiducia dei mercati sull’Italia è legata, in buona misura, al difetto di governabilità.
Né vale la considerazione che, in fondo, il balletto della politica è un po’ come la controdanza: solo gran movimento con scambio frenetico di dame e cavalieri, ma la musica è sempre la stessa. Il problema è più profondo. Significa che, a differenza di quanto sostiene un certo snobismo intellettuale molto diffuso a sinistra, la nostra Costituzione non è affatto la più bella del mondo. E’ vecchia e datata. Nasceva all’indomani di una guerra perduta e di vent’anni di regime. Nulla di adattabile alla realtà di oggi. Non è più possibile avere un Parlamento più numeroso del Congresso Usa. Inconcepibile il modulo del bicameralismo perfetto che impone alle leggi un nomadismo lentissimo, assai spesso funzionale solo al gioco delle lobby. Non esiste altrove nel mondo un governo, come quello italiano, così sottomesso alle indocilità dei partiti. Bisogna cambiare. Sarà l’attuale Parlamento in condizione di farlo? C’è da dubitarne. Se non altro perchè, come dicono gli americani, è difficile che un tacchino batta le ali all’arrivo del Natale. Da quello che si vede manca l’accordo su tutto. Scegliere la via francese, piuttosto che quella tedesca o spagnola, non è proprio semplicissimo. Né sarà semplice trovare un’intesa, nel quadro della riforma, su funzioni e poteri degli organi di alto governo come il Csm o la Corte Costituzionale. Con l’aria che tira è fantasioso pensare che la politica abbia la forza e la convinzione per toccare materie tanto esplosive.
Vediamo se, nonostante il pessimismo, il Parlamento sarà in grado di cambiare la Costituzione. Altrimenti sarà preferibile andare al voto superando lo stallo attuale. Deciderà il Paese a chi affidare la guida. Il vincitore dovrà rispettare i diritti dell’opposizione. Tuttavia non potrà rinunciare alla sua forza essendo espressione della maggioranza degli italiani. Un’operazione tanto delicata, però, non può essere fatta con questa legge elettorale. Ha dimostrato inefficienza. Non solo perché determina un Parlamento di nominati e non di eletti. Ma soprattutto perché con il doppio premio di maggioranza al Senato e alla Camera ha mancato l’obiettivo principale: la governabilità. La Corte Costituzionale l’ha già messa nel mirino. Speriamo almeno che i partiti abbiano la dignità di cambiarla.
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