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Cous cous, l’importanza del pesce e la variante trapanese

«E’ un cibo che è stato portato fin qui dai migranti, un prodotto da adattare alle disponibilità di ognuno. E a Trapani i pescatori avevano il pesce». Enzo Battaglia, chef del ristorante La casa del cous cous a San Vito Lo Capo, racconta così come nasce la tradizione del cous cous alla trapanese, quello a base di pesce. Un piatto servito ancora oggi, apprezzato da molti e per la cui preparazione bisogna rispettare alcuni passaggi fondamentali. A cominciare dalla ‘ncocciata: «Si deve bagnare la semola di grano duro con un filo d’acqua – spiega – e con un movimento rotatorio delle dita ottenere dei grumi. Lasciare asciugare e insaporirla con sale, pepe e un trito di aglio, cipolla, prezzemolo, mandorle e olio extravergine d’oliva. Una volta amalgamata – continua – la semola viene rilavorata con le mani e messa nella parte superiore della couscoussiera, mentre in quella inferiore c’è l’acqua aromatizzata a bollire. La cottura è di circa un’ora e mezza, a partire da quando il vapore filtra la massa di semola». A parte, poi, bisogna preparare la zuppa di pesce, rigorosamente con del pescato «povero, dal gusto forte e freschissimo – consiglia Battaglia –. Quando anche la zuppa sarà pronta, va amalgamata con il cous cous cotto e si lascia a riposare il composto sotto una coperta. Nel piatto, poi, il cous cous va servito con un altro po’ di brodo e il pesce della zuppa deliscato».


P. PI.

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