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Primo maggio, Papa Francesco: “Ingiusta la società che non dà lavoro”

L’appello di Bergoglio agli stati: «Dico ai responsabili della cosa pubblica di fare ogni sforzo per dare nuovo slancio all'occupazione». E ricorda pure Giovanni Paolo II: “E’ il secondo anniversario della sua beatificazione”

CITTÀ DEL VATICANO. Quando una società «è organizzata in modo che non tutti hanno la possibilità di lavorare, quella società non è giusta». È il lavoro, e non il denaro o il potere, a dare la dignità ad una persona e allora «dico ai responsabili della cosa pubblica di fare ogni sforzo per dare nuovo slancio all'occupazione». È Papa Francesco a parlare così di lavoro oggi, Primo Maggio e per la Chiesa festa di San Giuseppe lavoratore. Poi un pensiero per Wojtyla: oggi «è il secondo anniversario della beatificazione di Giovanni Paolo II», ha ricordato papa Bergoglio interrotto dagli applausi della piazza. Un lavoro che dia dignità, un salario giusto e soprattutto un “no” al lavoro che «schiavizza»: il Papa ha lanciato questi messaggi oggi sia all'udienza generale, in una affollatissima piazza san Pietro, sia alla Messa a Santa Marta che ha celebrato, come sempre, questa mattina presto.  Il Papa, in questo momento di crisi, ha rivolto il pensiero alle «difficoltà che in vari Paesi incontra il mondo del lavoro e dell'impresa. Penso a quanti sono disoccupati molte volte a causa di una concezione economicista della società che cerca il profitto egoista al di fuori dei parametri della giustizia sociale», ha detto Bergoglio aggiungendo: «Vi invito alle solidarietà».     Ma ai giovani invita a prendere nelle mani il loro futuro: «Impegnatevi nel vostro dovere quotidiano, lo studio, il lavoro, i rapporti di amicizia, l'aiuto verso gli altri. Il vostro avvenire dipende anche da come saprete vivere questi preziosi anni della vostra vita. E non abbiate paura dell'impegno, del sacrificio, non guardate con paura al futuro, c'è sempre una luce all'orizzonte».  Lavoro in primo piano anche su Avvenire: «Questo primo maggio è una festa mesta», scrive il giornale del vescovi lanciando anche una sorta di appello: «Non dimentichiamo le lacrime di chi non può lavorare il giorno prima e il giorno dopo della festa».  

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