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Napolitano: la parola ora passi ai partiti e al mio successore

Il presidente della Repubblica ha ricevuto le relazioni dei dieci saggi: “Hanno saputo trovare "posizioni comuni" dimostrando un clima di dialogo che si deve trasmettere alle forze politiche”

ROMA. Una breve cerimonia nella sala degli arazzi di Lilla che ha il sapore del congedo: la consegna al presidente della Repubblica delle relazioni elaborate dai due gruppi di 'saggi' è stata probabilmente l'ultima occasione pubblica di Giorgio Napolitano.
Al Quirinale ormai si aspetta il voto dei Grandi elettori che parte giovedì prossimo: una volta eletto il nuovo presidente Napolitano si dovrebbe dimettere come fece Carlo Azeglio Ciampi esattamente sette anni fa. Il capo dello Stato oggi lo ha fatto capire con chiarezza spiegando che non ci saranno altri suoi tentativi di formare un nuovo Governo. Non ci sono le condizioni - e lo testimoniano sia i risultati dei due veloci giri di consultazioni che le contraddittorie dichiarazioni di questi giorni - per costruire un nuovo esecutivo, come successe ad esempio con quello tecnico di Mario Monti nel 2011.
La via d'uscita dallo stallo è così nelle sole mani delle forze politiche che dovrebbero mostrare quella volontà di dialogo che hanno saputo trovare i dieci saggi su diversi punti programmatici e alcune riforme costituzionali ormai non più procrastinabili. Il Capo dello Stato, ringraziando i dieci saggi per il lavoro "intenso e disinteressato" svolto in questi dieci giorni, ha chiarito che l'iniziativa di istituire questi gruppi di lavoro, rappresenta "il contributo conclusivo - alla vigilia del compimento del mio mandato e della scelta del nuovo Presidente - che sono stato in grado di dare alla soluzione del problema del governo".
Capitolo chiuso, quindi. Napolitano non effettuerà altri tentativi per sciogliere il nodo di questa crisi difficilissima, sicuramente la più impegnativa del suo settennato. Una incompiuta che ha lasciato l'amaro in bocca al presidente. Anche perché proprio Giorgio Napolitano aveva ben capito - e in tempi non sospetti - le profonde inefficienze del Porcellum e si era speso con tutte le sue forze per spingere i partiti a trovare un accordo, anche minimo, per tornare al voto con una nuova legge elettorale. Così non è stato e Napolitano si è trovato con un sistema bloccato da affrontare con armi scariche non avendo neanche la possibilità di sciogliere le Camere.
Il presidente ha scelto di far mettere online le conclusioni dei saggi per zittire alcune polemiche che hanno accompagnato il lavoro delle due commissioni. Napolitano ha infatti difeso l'utilità del lavoro svolto che sarà consegnato significativamente al suo successore: "trasmetto un testimone concreto e significativo", ha spiegato congedandosi dai due gruppi di lavoro. Ma non prima di una puntigliosa ricostruzione di quest'ultima fase del suo settennato: "dai due cicli di consultazioni da me tenuti - senza perdere nemmeno un giorno dopo l'insediamento delle nuove Camere - tra il 20 e il 30 marzo, è risultato chiaramente che solo da scelte di collaborazione che spetta alle forze politiche compiere, segnandone i termini e i confini, può scaturire la formazione del nuovo governo di cui il paese ha urgente bisogno". Spetta ormai ai partiti mostrare responsabilità e far muovere il quadro politico.
Lui, il presidente, non ha mai nascosto - neanche a Pier Luigi Bersani - che l'unica strada percorribile per dare un Governo al Paese era quella delle larghe intese. "Tale soluzione non poteva dunque nascere per impulso del Presidente della Repubblica uscente", ha osservato con amarezza Napolitano. "La parola e le decisioni toccano alle forze politiche, e starà al mio successore trarne le conclusioni", ha concluso quasi sollevato.

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