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Mafia, la trattativa: l'Anm si divide sulla difesa a Di Matteo

Il magistrato è uno dei titolari del procedimento sulla trattativa Stato-mafia, per il quale la procura generale della Cassazione ha promosso azione disciplinare dopo un'intervista rilasciata nel giugno scorso in cui il pm aveva «ammesso, seppure non espressamente, l'esistenza delle telefonate tra Mancino e Napolitano»

ROMA. L'Anm si divide sulla difesa del pm palermitano Nino Di Matteo, uno dei titolari del procedimento sulla trattativa Stato-mafia, per il quale la procura generale della Cassazione ha promosso azione disciplinare dopo un'intervista rilasciata nel giugno scorso in cui il pm aveva «ammesso, seppure non espressamente, l'esistenza delle telefonate tra Mancino e Napolitano». Secondo il pg in questo modo il magistrato avrebbe «indebitamente leso il diritto di riservatezza del capo dello Stato». È il procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita, chiamato a 'difenderè il magistrato di Palermo nel procedimento, ad aprire oggi il dibattito durante il Comitato direttivo Centrale (Cdc) dell'Associazione, che ha visto nella lunga discussione sostanzialmente opporsi due posizioni: la difesa di Di Matteo, appoggiata soprattutto dai colleghi siciliani, e la necessità per l'Anm di non interferire con le azioni disciplinari. Ardita ha proposto di uscire dal Cdc «con un documento preoccupato» di sostegno a Di Matteo: «Non si può porgergli una carezza - ha detto - per le minacce che ha subito e dargli uno schiaffo con il procedimento disciplinare». «Non diamo l'impressione - ha poi aggiunto - che l'Associazione abbia abbandonato i magistrati di Palermo». A sostegno di questa posizione, il segretario di Magistratura Indipendente, Cosimo Ferri, ha proposto di redigere un documento, anche breve, di solidarietà al collega palermitano.  Una proposta che ha suscitato la contrarietà di due esponenti di Magistratura Democratica, Anna Canepa, neosegretario e vicepresidente uscente Anm, ed Ezia Maccora, ex consigliere togato al Csm. «È giusto prendere le difese dei colleghi incolpati, ma non qui», ha subito chiarito Canepa. «Sulla base di cosa il Cdc - è stata ancora più diretta Maccora - dovrebbe dire che è sbagliato esercitare l'azione disciplinare? Se interferissimo accadrebbe quello di cui ci lamentiamo e che la politica fa su di noi».  Andrea Reale, giudice del tribunale di Ragusa, prepara e fa mettere ai voti, riscuotendo però solo quattro consensi, la mozione in cui si sottolinea la necessità di fornire al collega pm assistenza «tecnica ed economica» nell'ambito del procedimento disciplinare scaturito «a seguito di sue generiche dichiarazioni sul procedimento penale in un'intervista ad un quotidiano».  La discussione si conclude però con un nulla di fatto, cioè con un prendere tempo, perchè alla fine passa una mozione di mediazione, proposta da Stefano Schirò e dal gruppo MI, di dedicare uno specifico Cdc «ai rapporti tra il ruolo dell'Anm e il profilo disciplinare», da tenersi immediatamente dopo un convegno già fissata per il 16 maggio su questi argomenti.

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