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I leoni e il trono

È scontro, a Milano, tra Pdl e magistrati. Napolitano esprime «rammarico». Ma dietro i due comunicati diffusi ieri, dopo gli incontri con Pdl e Csm, si vede un allarme forte. Ha ragione.
Uno scontro di stampo vecchio aggiunge adesso difficoltà nuove nel quadro della crisi. Per questo Napolitano parla chiaro. Ha sempre chiesto equilibrio tra politica e giustizia. Non possono essere «mondi ostili tra loro». Ma ora avverte come un guasto incalcolabile quelle voci che si levano ««dall’uno e dall’altro campo». Infatti, impressionano i modi del conflitto. Fanno colpo le dispute sulle visite fiscali sugli occhi del Cavaliere. Nonchè certe accelerazioni ostentate dei tempi dei processi. Così come è spiacevole che parlamentari di un partito organizzino gazzarre fuori da un palazzo di giustizia e non azioni politiche dentro il Parlamento.
Ma Napolitano ha ragione, soprattutto, nell’affermare una cosa. Che scontri e divergenze sollevano polvere e impediscono «cruciali riforme nell’amministrazione». Perché alla vigilia di un nuovo governo, quando tanto si vuol discutere di programmi, queste dovrebbero avere rilievo nelle agende dei partiti. Essendo la nostra giustizia un fattore principale della crisi.
Il nostro sistema è ingiusto, costoso e squilibrato. Il potere delle procure è forte. Le garanzie delle persone inquisite sono deboli. Aggravano lo squilibrio, talora o spesso, gli intrecci tra media e palazzi giudiziari. La lentezza cronica, poi, dei processi, provoca barbarie e inciviltà nel campo penale. Con colpevoli ingiustamente afflitti dalla lunghezza dei tempi. Con numerosi innocenti dalle vite distrutte. Si aggiungono danni irreparabili nel campo della giustizia civile. Secondo la banca mondiale i suoi difetti distruggono l’1% del nostro Pil. Le lungaggini nei tempi costano 371 euro ad azienda. I ritardi, complessivamente, 2,3 miliardi di euro l’anno alle imprese. Che, per ogni controversia, spendono il 30% del proprio valore, a fronte del 19% della media Ocse.
Di questo non si discute. Napolitano avverte il peso del vuoto. Del resto deve pur far riflettere un dato elettorale. La sconfitta di uomini come Di Pietro o Ingroia, non esprime il rifiuto delle divergenze infinite tra garantismi aspri e giustizialismi furiosi, sempre senza sbocco in riforme concrete, in un sistema migliore ?
Ma non si arretra. Il conflitto continua. E si esprime nelle forme di una guerra tra poteri. La questione resta nei termini bene espressi da Luciano Violante nel suo «Magistrati». Ricorda che Francis Bacon quattro secoli fa scriveva che «i giudici devono essere leoni, ma leoni sotto il trono». Poi osserva: «Il rapporto tra politica e giustizia è difficile ancora oggi. Il trono ambisce a scacciare i leoni, i leoni manifestano una certa propensione a sedersi sul trono». Continuiamo così?

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