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La sconfitta contro la Juventus arriva nel recupero

TORINO. Gli scudetti si vincono anche  così, con piccoli grandi uomini come Emanuele Giaccherini, che  era entrato solo da un quarto d'ora e non ne aveva azzeccata  una. Ma nel recupero ha azzeccato il gol che potrebbe davvero  chiudere il discorso, con il Napoli a -9 (ma sono 10 se si  comprende lo scontro diretto) e il pericoloso Milan riemergente  ricacciato a -11.    

Il Catania ordinato, bellissimo nel palleggio, che non aveva  concesso nulla alla più brutta Juve della stagione, si è  arreso di fronte all'ineluttabile: nella giornata in cui era  riuscito ad annullare Pirlo (prova insufficiente), Vucinic e  Giovinco (nemmeno un tiro in porta), Asamoah, Lichtsteiner e  Marchisio, oggi opachi, ecco spuntare fuori il piccoletto che  Conte adora e che ci crede sempre, anche se un minuto prima  aveva fallito un gol facile facile, facendo imbestialire lo  stadio. Ma la Juve di Conte non si smentisce: da sempre ha una  carta di identità precisa, in cui tutti hanno un posto, un  ruolo, una utilità. Come Giaccherini, come altre seconde linee  che oggi non hanno giocato ma che spesso hanno offerto un  contributo determinante quando le grandi firme sono assenti.        

Piuttosto Conte dovrebbe chiedersi perchè, valore del  Catania a parte, oggi la squadra era spaventosamente lenta, poco  ispirata e incapace di trovare soluzioni alternative al  fraseggio stretto, sempre respinto dalla veloce difesa  avversaria. Solo Bonucci, regista difensivo impeccabile e Pogba,  autore di una ennesima prova gigantesca per qualità, quantità,  maturità tattica e carattere, hanno giocato sopra le righe e la  vittoria è partita proprio da un pallone caparbiamente  conquistato dal francese e rimesso in gioco con la solita  sapienza.     La Juve, in tutto il tempo regolamentare, aveva tirato in  porta solo due volte nel primo tempo con Vucinic (respinta in  diagonale di Andujar), che poi in girata sporca aveva anche  colto un palo. Nella ripresa al 5' è arrivata la solita bomba  di Pogba dal limite, su cui Andujar è stato reattivo: il  francese sembra l'unico a capire che i match contro squadre  chiuse si sbloccano con i tiri da fuori. Leziosi gli altri, da  Marchisio (oggi fotocopia di se stesso) ad Asamoah, tornato  fuori forma dal Sudafrica e comunque fuori ruolo, a  Lichtsteiner, lento e prevedibile, allo stesso Pirlo, che ha  perso per presunzione troppi palloni in zone delicate. 

Lo  stesso Marchisio, alla mezzora della ripresa, ha avuto sul piede  la palla buona dal dischetto, dopo una punizione di Pirlo  respinta, ma tutto solo ha calciato fuori, ennesimo segnale che  la giornata era storta, stortissima.     Il Catania, privo di Bergessio e Barrientos in avanti e di  Legrottaglie dietro, non si è mai disunito ma neppure  affacciato dalle parti di Buffon, che ha soltanto spaventato nel  primo tempo con una conclusione fuori di poco di  Almiron, il  migliore in assoluto. Soprattutto nel finale, però, quando la  Juve ha esercitato la pressione decisiva, forzando il ritmo,  sono emersi i suoi limiti di velocità di esecuzione e di  dinamismo, con il risultato di essere prevedibile e di  innervosirsi sempre più.  Ma sono proprio giornate come questa  che spesso decidono i campionati: quando sembrava che il  sontuoso match ball offerto dal Napoli fosse stato buttato al  vento, ecco la risposta del signor Giaccherini Emanuele, quello  che tre minuti prima si era fatto anche ammonire per simulazione  perchè si era buttato  invece di tirare, incomprensibilmente.   

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