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Consigli comunali, la giungla dei rimborsi

Dai 152 euro lordi circa di Palermo al centinaio di euro di Catania, passando per i 65 di Siracusa e poco più di 50 a Caltanissetta. Ma nella giungla dei gettoni di presenza che spettano a questa pletora di eletti regna il caos più assoluto. «Colpa» della legge che fino al 2011 ha dato facoltà alle amministrazioni di variare l'entità del compenso

PALERMO. Dai 152 euro lordi circa di Palermo al centinaio di euro di Catania, passando per i 65 di Siracusa e poco più di 50 a Caltanissetta. E poi rimborsi stratosferici per chi si assenta dal lavoro e indennità che fanno del consigliere comunale o provinciale un posto sempre più ambito. Ma nella giungla dei gettoni di presenza che spettano a questa pletora di eletti regna il caos più assoluto. «Colpa» della legge che fino al 2011 ha dato facoltà alle amministrazioni di variare l'entità del compenso, che era stato fissato nel 2000 da una norma regionale. Quella volta, la Sicilia recepì le disposizioni nazionali del testo unico degli enti locali ma ovviamente, come spesso accade, mantenne diverse prerogative e non rinunciò a piccoli privilegi.
Gli esempi sono tanti e curiosi: nelle altre regioni, ad esempio, nelle località con meno di 15 mila abitanti, è possibile rinunciare alla figura del presidente del Consiglio comunale. Nei piccoli paesi accade talvolta che sia il sindaco a presiedere l'organo. Ciò non è previsto invece, in Sicilia. C'è poi la questione delle commissioni consiliari che moltiplicano i gettoni di presenza: fortunatamente una norma limita il tetto massimo che può essere percepito da ogni consigliere fissandolo a un terzo dell'indennità del sindaco. «Ma basterebbe eliminare le commissioni - afferma Cristoforo Ricupati, segretario comunale - per ottenere ingenti risparmi senza intaccare i processi democratici». È bene ricordare che anche in Sicilia i consiglieri comunali e provinciali, oltre ai gettoni di presenza, conservano il loro stipendio che viene rimborsato alle aziende dagli enti locali. Non è previsto l’obbligo dell’aspettativa per chi ha questo tipo di incarichi, come invece, avviene per i deputati regionali.
Ed è proprio questo punto ad impensierire le amministrazioni locali, nella bufera per una raffica di inchieste che stanno interessando mezza Sicilia. La «falla», come l'hanno definita i grillini che hanno fatto scattare le prime denunce, riguarda il meccanismo dei rimborsi alle aziende dove lavorano i consiglieri. «È quantomeno strano - ha detto Stefano Zito del Movimento Cinque stelle - che un'azienda in cerca di forze lavoro punti sull'assunzione di persone che presumibilmente potrà utilizzare in rare occasioni, perchè fagocitate dagli impegni istituzionali». Sarebbe questo il meccanismo finito ad esempio nel mirino della Procura a Siracusa, dove sono stati inviati sei avvisi di garanzia che interesserebbero alcuni dei quaranta esponenti del Consiglio comunale. Di tutta l'assemblea, sono in venti a beneficiare dei rimborsi che in un anno costano alle casse dell'amministrazione comunale oltre 700 mila euro.
Caso simile quello scoppiato a Catania, dove nei giorni scorsi sono stati notificati gli avvisi a comparire emessi dalla Procura nei confronti di sei consiglieri della Provincia etnea. Secondo l'accusa, avrebbero «ottenuto indebiti rimborsi dalla Provincia attraverso la simulazione del rapporto di lavoro o la falsa attestazione di mansioni e retribuzioni superiori a quelle effettivamente godute». Il danno sarebbe di diverse centinaia di migliaia di euro. Sul tema dei rimborsi facili, l'associazione dei sindaci guidata da Giacomo Scala ha annunciato un pacchetto di misure per contrastare questo fenomeno e contenere la spesa.

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