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La scelta di Ingroia, deve lasciare la magistratura se prosegue impegno politico

Dal 2006 la riforma dell'ordinamento giudiziario ha reso un illecito disciplinare per i magistrati l'iscrizione o la partecipazione a partiti, come pure il «coinvolgimento nelle attività di centri politici»

ROMA. A poche ore dalla sconfitta bruciante alle politiche ha garantito che sia lui che Rivoluzione civile restano in campo per i prossimi appuntamenti elettorali, a cominciare dalle comunali a Roma. Ma se Antonio Ingroia, candidato premier del movimento in cui sono confluiti Idv, Verdi, Comunisti italiani e Rifondazione comunista, vorrà continuare il suo impegno politico, dovrà necessariamente lasciare la magistratura; altrimenti per lui scatteranno sanzioni disciplinari.  Non sembrano facili perciò le scelte che aspettano l'ex pm di Palermo, che ha imbastito l'inchiesta sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia. Con la proclamazione degli eletti al Parlamento, finirà l'aspettativa che gli ha concesso il Csm per ragioni elettorali. E alla scadenza, salvo sue decisioni diverse, dovrà tornare in Guatemala, dove è approdato solo qualche mese fa con un incarico dell'Onu; o in alternativa rimettere indosso la toga, non da pm perchè la legge glielo impedisce ma da giudice e in luoghi diversi da quelli in cui si è candidato. Ma in entrambi i casi non potrà contemporaneamente fare politica.  Dal 2006 la riforma dell'ordinamento giudiziario ha reso un illecito disciplinare per i magistrati l'iscrizione o la partecipazione a partiti, come pure il «coinvolgimento nelle attività di centri politici» che possono «condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato». A sanzionare questi comportamenti è l'articolo 3 del decreto legislativo 109 del 2006, che, a chiusura di una serie di divieti, punisce pure «ogni altro comportamento tale da compromettere l'indipendenza, la terziet… e l'imparzialit… del magistrato, anche sotto il profilo dell'apparenza». Una strettoia da cui Ingroia non potrà liberarsi nemmeno se alla fine decidesse di tornarsene in Guatemala, rimanendo in aspettativa. Due anni fa la Consulta ha affrontato la questione e, confermando la costituzionalità del divieto, ha stabilito che riguarda anche le toghe fuori ruolo perchè il dovere di imparzialità «coinvolge il magistrato anche nel suo operare da semplice cittadino». Il caso che aveva dato origine alla pronuncia riguardava l'ex senatore di An Luigi Bobbio, che dal Csm venne sanzionato per aver assunto, alla scadenza del mandato parlamentare, mentre era ancora fuori ruolo dalla magistratura, l'incarico di presidente della federazione di Napoli di An.

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