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Belluomo: "Grazie alla Farnesina, mi hanno trattato bene"

Queste le prime parole dell'ingegnere catanese rapito in Siria lo scorso 12 dicembre al suo arrivo all'aeroporto di Catania

CATANIA. «È la vittoria dello Stato». Così l'ingegnere Mario Belluomo commenta, al suo arrivo all'aeroporto di Catania, la sua liberazione dopo il sequestro del 12 dicembre scorso in Siria. «Sono grato alla Farnesina e all'unità di crisi del ministero degli Esteri - ha aggiunto, appena sbarcato a Fontanarossa da un volo proveniente da Roma - per tutto quello che hanno fatto e per come sono stati vicini alla mia famiglia». «I sequestratori - ha rivelato l'ingegnere Belluomo - mi hanno trattato bene. Mi hanno informato della mia liberazione il giorno stesso del rilascio». «Tornare a casa - ha sottolineato - è bellissimo, significa che lo Stato c'è, e per me è una sensazione particolare essere a Catania nel giorno della festa per Sant'Agata, la Patrona della nostra città».

«Sicuramente tornerò in Siria perchè è un bel Paese e ha una bella popolazione». Lo ha affermato l'ingegnere Mario Belluomo appena arrivato nella sua casa di San Gregorio di Catania, accompagnato da familiari. «In Siria - ha aggiunto Belluomo - c'è un popolo che sta soffrendo e spero che le armi tacciano, che si discuta e si risolvano i problemi e perchè le popolazioni, donne e bambini, stanno soffrendo e muoiono sotto casa inermi...».  «In Siria - ha ricordato - non avevo paura, sì c'erano le bombe che arrivavano ma lì dicono 'Allah ci protegge, dio ci proteggè. Io in quei momenti pensavo a Dio...».«Fondamentalmente quello che ho scoperto in questa avventura - ha aggiunto Belluomo prima di entrare nella sua casa a San Gregorio di Catania - è che lo Stato è con noi. In quei giorni pensavo alla mia famiglia, che non potevo vedere, ed ero un pò psicologicamente prostrato. Siamo riusciti a risolvere il problema».  «Con me - ha ribadito l'ingegnere - i sequestratori si sono comportati bene perchè sapevano che ero una merce di scambio, qualche cosa volevano. Oggi è Sant'Agata e forse è lei che ci ha fatto questo miracolo»

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