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Dossier «cemento impoverito» Archiviazione per due indagati

Professionista e manager erano accusati di «abuso» e falso ideologico

CALTANISSETTA. Alla fine è la stessa procura a chiedere di archiviare l'inchiesta per due professionisti nisseni coinvolti in quello che è stato ribattezzato lo scandalo del «cemento impoverito». Il filone d'indagine ruota attorno alla realizzazione dell'ospedale «San Giovanni Di Dio» di Agrigento.
E tra i coinvolti - imprenditori, tecnici ed ex manager sanitari – figuravano un professionista Michele B. e un dirigente del settore sanità, Daniela F. (assistiti dagli avvocati Giuseppe e Francesco Panepinto).
Nei loro confronti erano state contestate le ipotesi di abuso d'ufficio e falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici. Queste le ipotetiche imputazioni per cui i loro nomi erano stati inscritti nel registro delle notizie di reato. Ma il sostituto procuratore Antonella Pandolfi titolare dell'inchiesta coordinata dal procuratore Renato Di Natale, alla fine è giunta alla conclusione che i due nisseni sarebbero esenti da qualsiasi responsabilità. Anche minima. Così da chiedere l'archiviazione delle loro posizioni.
Altri otto imputati, invece, sono finiti in giudizio per falso e truffa, con Legambiente che s'è costituita parte civile.
Il professionista nisseno era stato tirato in ballo perché – secondo l'originaria tesi della procura agrigentina - avrebbe fatto parte della commissione di collaudo del nosocomio poi finito nella bufera. Sì, perché ancora prima prima dell'inaugurazione della struttura nata nella zona industriale di contrada Consolida, infatti, si sono resi necessari interventi di manutenzione alla pavimentazione.
Ma i due indagati nisseni sono risultati estranei al filone d'indagine che rappresenta una propaggine di una inchiesta «madre» dalle vaste proporzioni e che ha interessato le procure di mezza Sicilia.

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