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Le scelte del Cavaliere

La maledizione giudiziaria condiziona le scelte di Berlusconi da 18 anni, da quando il mandato a comparire recapitatogli dai procuratori di Milano mentre presiedeva a Napoli il convegno dell’Onu sulla criminalità internazionale dette la spallata decisiva alla caduta del suo primo governo
Ora si dice che alla base della decisione (non ancora formalizzata) del Cavaliere di candidarsi per la sesta volta a palazzo Chigi ci sia anche la convinzione che le sentenze dei processi a carico di un concorrente di tale rango vengano rinviati a dopo le elezioni. D'altra parte, chi immaginava che un passo indietro di Berlusconi avrebbe addolcito le punte di lancia della giustizia ha dovuto ricredersi dopo la pesantissima condanna a quattro anni del 26 ottobre scorso per il controverso processo sull'evasione fiscale nei diritti cinematografici e la contestuale motivazione in cui i giudici lo trattano come un delinquente matricolato. È naturale che Berlusconi pensi a tutto questo. Ma c'è rispetto al passato una variante significativa: la gran parte del popolo di centrodestra non sembra disposta a farsi carico più di tanto dei problemi giudiziari del suo leader e vuole un profondo rinnovamento nella squadra che deve battersi con i progressisti di Pierluigi Bersani. Per questo ha accolto con palpabile freddezza l'ipotesi che Berlusconi torni a guidare le sue truppe in battaglia. L'acceso confronto tra Renzi e Bersani nelle elezioni primarie premia ovviamente nei sondaggi il Pd, ma gli stessi sondaggi dicono che una significativa maggioranza di italiani vorrebbe un governo di segno diverso. Il problema è che questa maggioranza è divisa e cerca invano chi sappia riunirla.
Qui le responsabilità sono ben distribuite. Casini ha alzato costantemente l'asticella della collaborazione a destra: prima (2010) voleva entrare in un Berlusconi bis dopo le dimissioni e il reincarico del Cavaliere, poi (2011) ha detto che l'avrebbe fatto solo dopo le dimissioni senza reincarico, infine (2012) ha condizionato il suo appoggio al PdL all'impossibile uscita di Berlusconi dalla vita politica. Questo costante rifiuto di qualsiasi presepe gli presentasse Alfano lasciava in realtà immaginare un solido patto di Casini con Bersani, partito dalla Sicilia e destinato a concludersi a palazzo Chigi per l'uno e al Quirinale per l'altro. Le primarie del Pd hanno tuttavia reso indissolubile l'alleanza tra il rafforzato segretario e Nichi Vendola: Casini a sinistra ha uno spazio ormai residuale e nemmeno l'alleanza con Montezemolo riesce a sollevarlo da sondaggi poco generosi. Contro Alfano, partner ideale per un'alleanza nel nome del Partito popolare europeo, gioca la timidezza ancora eccessiva, frutto di un cordone ombelicale con Berlusconi che andrebbe reciso per migliorare la salute di entrambi. Contro Berlusconi giocano ondeggiamenti pericolosi per l'immagine del leader politico italiano più conosciuto nel mondo. Ieri la grande stampa internazionale ha giudicato con allarme l'annuncio di sfratto al governo Monti e per il secondo giorno consecutivo quella di Milano è stata la peggiore tra le principali Borse europee. C'è da aspettarsi un fuoco di sbarramento internazionale formidabile sulla eventuale candidatura di Berlusconi, dopo l'onore delle armi che gli fu unanimemente riconosciuto per aver consentito la nascita del governo Monti. Ora è vero che dopo la riforma delle pensioni il gabinetto tecnico ha fatto assai poco e per stessa ammissione del presidente del Consiglio la crescita arriverà solo quando le riforme andranno a regime (quali riforme?quando?). È un fatto purtroppo che l'enorme, paradossale aumento del gettito fiscale di quest'anno non abbia avuto altra contropartita del pareggio di bilancio l'anno prossimo. Ma un paese sfinito quanto tempo impiegherà a rialzarsi? È giusto dunque che la politica riprenda il suo posto, magari chiedendo ancora un qualche contributo a Monti che resta enormemente più bravo di quasi tutti i suoi ministri. È del tutto legittimo che il PdL, sfrattato nel giro di ore dal Palazzo perché incapace di far crescere l'Italia, abbia un desiderio di rivalsa ora che di crescita non c'è alcuna avvisaglia. Ma esso non dovrebbe compiere errori ulteriori. Al Quirinale e alla Camera ieri Alfano ha promesso una conclusione «ordinata» della legislatura. È una buona mossa che lascia immaginare lo scioglimento delle Camere a gennaio e le elezioni a marzo. C'è tempo per riflettere, a cominciare da Berlusconi i cui peggiori nemici sono come sempre quelli che lo soffocano con i loro abbracci interessati.
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