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Il futuro si chiama telelavoro Meno spese e più produzione

Indagine di un osservatorio del Politecnico di Milano: «Ma soltanto il 5% degli italiani ha un impiego organizzato razionalmente»

Una massiccia adozione di nuovi strumenti tecnologici sul posto di lavoro potrebbe portare grandi benefici in termini di produttività e risparmi in Italia. L'utilizzo di dispostivi mobili, un più ampio ricorso al telelavoro e la riorganizzazione degli spazi sul posto di lavoro potrebbero risultare in un aumento di produttività medio del 25% per lavoratore, con un beneficio in termini di costi quantificato in 1,7 miliardi di euro.
È quanto emerge dalla ricerca dell'Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano. Nonostante l'ampia diffusione di nuove tecnologie però oggi solo il 5% dei lavoratori italiani è uno “smart worker”. Lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie per supportare la comunicazione, la collaborazione e la creazione di social network, insieme alla diffusione sempre più pervasiva di strumenti di comunicazione intelligenti e di facile utilizzo possono agevolare e supportare le aziende verso nuovi modelli di lavoro. Un modello che produce benefici rilevanti innanzitutto per le imprese, con un aumento di produttività che può arrivare al 50% in più e una riduzione di costo del lavoro di circa 1,7 miliardi di euro. Ma che presenta importanti vantaggi per il sistema economico italiano. Infatti se appena il 10% dei lavoratori che oggi si spostano in auto adottasse il telelavoro per 100 giorni l’anno si otterrebbe un risparmio complessivo di tempo pari a 47 milioni di ore, di denaro pari a 407 milioni di euro, di emissioni di anidride carbonica pari a 307mila tonnellate.
Gli ambiti di innovazione possibili in questo campo sono l'aumento della dimensione degli uffici, la maggior configurabilità della postazione di lavoro con scrivanie, la creazione di aree di relax per favorire l’incontro e la collaborazione, l'introduzione di sistemi di localizzazione automatica dei dipendenti attraverso cellulari.
«Con il concetto di economia della conoscenza un’impresa non è più legata esclusivamente alla presenza fisica dei lavoratori in un determinato luogo e per un certo periodo di tempo, bensì alla loro capacità di generare, innovazione e svolgere il proprio lavoro indipendentemente dall’orario e dal luogo in cui si trovano – afferma Mariano Corso, dell'Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano –. Per realizzare un sistema di Smart Working, ai tradizionali criteri per la progettazione organizzativa vanno affiancati principi come l’autonomia e la flessibilità nella scelta degli spazi e delle metodologie di lavoro, la valorizzazione dei talenti, la responsabilità e l’innovazione diffusa».
In Italia secondo una ricerca realizzata in collaborazione con la Doxa 8 lavoratori su 10 utilizzano strumenti informatici per oltre il 50% del proprio tempo lavorativo. In particolare, il 68% fa uso di personal computer fissi per la maggior parte del tempo, il 17% di computer portatili, solo il 4% usa smartphone come strumento prevalente di lavoro. Nonostante le tecnologie digitali siano sempre più diffuse e consentano di poter svolgere le proprie attività a distanza, soltanto il 5% dei lavoratori ha uno stile di lavoro da “smart worker”, caratterizzato da maggiore flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi di lavoro, degli orari e degli strumenti da utilizzare.

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