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Serradifalco, sindaco rinuncia ad indennità ma ne prende metà di nascosto. La replica: falso

Giuseppe Dacquì (Pd) dopo l'annuncio pubblico di voler fare a meno dello stipendio ha ammesso di averlo percepito al 50% nel corso del 2012, all'insaputa degli altri componenti della sua giunta (che lavorano gratis) e dello stesso presidente del Consiglio

SERRADIFALCO. Continua a tenere banco la presunta falsa rinuncia all'indennità del sindaco di Serradifalco  (Caltanissetta) Giuseppe Dacquì (Pd), che dopo l'annuncio  pubblico di voler fare a meno dello stipendio avrebbe percepito il 50% nel corso del 2012, all'insaputa degli  altri componenti della sua giunta (che lavorano gratis) e dello  stesso presidente del Consiglio.



Immediata la replica del sindaco: "Non ho commesso alcun atto illecito, illegittimo o furtivo". Dacquì spiega che quando si insediò, a fine maggio del 2010, il comune era l'unico in Sicilia a non avere la tesoreria e che la situazione finanziaria era disastrosa. La giunta allora a luglio di due anni fa approvò una delibera con la quale gli amministratori (sindaco e assessori) rinunciavano alle indennità di funzione. Delibera analoga fu approvata anche nel 2011, con la rinuncia agli emolumenti fino al 31 dicembre di quell'anno.
"L'iniziativa - afferma il sindaco - ha consentito un risparmio di circa 190 mila euro". Soldi rimasti nelle casse del comune la cui situazione finanziaria intanto è migliorata, così per il 2012 non fu necessario adottare un provvedimento di rinuncia ai compensi come nei due anni precedenti. Di fronte alle difficoltà finanziarie degli anni precedenti, fu sottoscritto un patto etico secondo cui in omaggio allo spirito di servizio era rimessa alla sensibilità dei singoli amministratori, specie se dipendenti pubblici o privati, l'eventuale rinuncia all'indennità di funzione.
In presenza di un miglioramento dei conti e in assenza di apposite delibere, come era avvenuto nel 2010 e nel 2011, il sindaco quest’anno ha deciso comunque di percepire solo il 50% del compenso spettante per legge. "Non ero obbligato a farlo, forse l'unico errore è stato non comunicarlo, ma non ho commesso alcun illecito", conclude Dacquì.

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