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Sulla Sicilia nuova scure da 320 milioni di euro

Un ulteriore taglio delle spese da 240 milioni all’anno, 80 milioni in meno ai Comuni e altri 80 da risparmiare nella sanità: la legge di stabilità varata dal consiglio dei ministri martedì sera pesa sulle casse siciliane per almeno 320 milioni, che si aggiungono ai tagli determinati con le manovre precedenti

PALERMO. Un ulteriore taglio delle spese da 240 milioni all’anno, 80 milioni in meno ai Comuni e altri 80 da risparmiare nella sanità: la legge di stabilità varata dal consiglio dei ministri martedì sera pesa sulle casse siciliane per almeno 320 milioni, che si aggiungono ai tagli determinati con le manovre precedenti.
A 24 ore dagli annunci di Monti, alla Regione hanno fatto i calcoli. Il patto di stabilità - spiega l’assessore all’Economia, Gaetano Armao - imponeva già di ridurre le spese: nel 2011 lo Stato aveva autorizzato spese per 6,7 miliardi mentre quest’anno il tetto è stato di 5,2. L’anno prossimo si prevedeva un limite di 4,9 miliardi, che la nuova manovra abbassa fino a 4 miliardi e 750 milioni, che nel 2014 si ridurranno ancora fino a 4 miliardi e mezzo. E poichè la Regione ha spese fisse (per stipendi, pensioni e rate di mutui) per due miliardi e 700 milioni, il margine di manovra effettivo si riduce a circa due miliardi. Il tutto - spiega ancora Armao - potrebbe sommarsi all’annunciata riforma dell’articolo 119 della Costituzione che dal 2014 impedirà l’indebitamento per finanziare anche gli investimenti: «Non potremo contrarre mutui neppure per co-finanziare i bandi europei». La manovra Monti ha previsto anche un taglio del 10% al fondo sanitario nazionale, che verrà attuato attraverso l’obbligo per le aziende sanitarie locali di ridurre le spese per appalti e acquisti di beni e servizi: «In Sicilia tutto ciò corrisponde a una perdita di almeno 80 milioni di finanziamenti statali» hanno calcolato all’assessorato guidato da Massimo Russo.

Il taglio dalle ricadute più sensibili dovrebbe però riguardare Comuni e Province: in Sicilia arriveranno circa 80 milioni in meno dallo Stato. A quel punto gli enti locali vivranno essenzialmente dei trasferimenti regionali che nel 2012 sono stati pari a 670 milioni. Cifra che però la Regione è intenzionata a non confermare perchè - essendo considerata spesa - da sola contribuirebbe a far raggiungere troppo velocemente il nuovo tetto previsto dal patto di stabilità, limitando così il margine di manovra per altri settori. A cascata le difficoltà di finanziamento si abbatteranno sui precari, i 22.500 in forza nei Comuni che i sindaci già quest’anno hanno difficoltà a pagare.

Va aggiunto che il piano dello Stato per correggere gli sprechi delle Regioni viaggia su due binari. Se le misure descritte sopra saranno di rapida attuazione perchè varate con legge ordinaria, altre hanno rango di riforma costituzionale e arriveranno più lentamente (serve la doppia lettura alla Camera e al Senato). Ma l’effetto non è meno importante. La cosiddetta riforma del Titolo V provocherà in Sicilia l’abolizione del Commissario dello Stato: il controllo sulle leggi dell’Ars sarà a quel punto analogo a quello in vigore per altre Regioni. Il governo nazionale proporrà un ricorso alla Consulta dopo l’entrata in vigore della legge regionale se questa viola le competenze statutarie. Inoltre, la modifica dell’articolo 116 della Costituzione introdurrà un maggiore potere di controllo da parte dello Stato sui conti della Regione, che a sua volta è chiamata a concorrere «al raggiungimento degli equilibri di bilancio» nazionali ed europei: una limitazione degli attuali ampi margini finanziari della Regione.

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