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Fondi ai partiti, se soldi, soldi, tanti soldi…

«U pisci fete 'ra testa» racconta l’antica saggezza popolare. Leggendo l’elenco dei privilegi di cui godono i novanta membri dell’Ars e i dipendenti della Regione è un’affermazione difficile da smentire. Una casta di superprivilegiati senza eguali. A cominciare dai costi della stessa assemblea di Sala d’Ercole che risultano essere fra i più alti di tutto il Paese. Una corsa spalla a spalla con il consiglio regionale del Lazio che, come emerso di recente, non brilla certo per efficienza e onestà dei comportamenti. Di fronte alle tabelle con le spese c’è da interrogarsi sulla effettiva utilità di questi soldi.
I finanziamenti alle assemblee locali, infatti, finiscono per diventare un sistema aggiuntivo di sostegno ai partiti. Ai rimborsi erogati per il Parlamento nazionale si aggiungono i contributi regionali. Una duplicazione di cui non si capisce fino in fondo la funzione. Soprattutto sotto il profilo della quantità e della qualità dell’attività. Sappiamo tutti che la democrazia costa. Quindi nessuna ipocrisia. Ma proprio perché rappresenta un onere risulta assolutamente necessario che gli organi rappresentativi si sottopongano a rigidi controlli. Tanto più che la democrazia fa presto a sviare verso derive poco eccellenti. La trasparenza non è un optional ma l’elemento costitutivo del sistema. Meno soldi e più servizi deve diventare il nuovo parametro cui le assemblee elettive devono sottoporsi. Intanto per gravare meno sulle tasse dei cittadini e poi per dare un’immagine di efficienza attualmente assai scarsa.
Lo stesso discorso riguarda i ventimila dipendenti della Regione. Una casta di super-privilegiati. L’amministrazione paga per le nascite, paga per i matrimoni e, ovviamente, per i funerali. Ma si preoccupa anche di contribuire alle vacanza e finanzia gli svaghi e i divertimenti. D’altronde non sarà un caso se ormai nell’opinione pubblica è definita «Mamma Regione». E che Mamma. Premurosa e vigile. Soprattutto attenta a non far stancare troppo il personale. Non a caso in estate c’è stata un’impennata di assenze. Talmente clamorosa da spingere gli stessi sindacati a chiedere di rivedere in senso restrittivo i diritti di cui godono i dipendenti. A cominciare dalla possibilità di godere di ben 45 giorni in più di permessi rispetto agli statali. «Siamo pronti a rivedere alcune concessioni contrattuali» dice Enzo Abbinanti della Cgil. Insomma anche per i sindacati quando è troppo è troppo.
A questa mole scandalosa di privilegi sta per aggiungersi un altro regalo. L’ha annunciato l’assessore Nicola Vernuccio. Si tratta di mandare in pensione anticipata almeno un migliaio di dipendenti. A un mese dal voto sembra proprio un bel richiamo per catturare voti. Per carità tutto giusto, regolare e trasparente. Il prepensionamento degli statali, in deroga alla riforma Fornero, è previsto dal provvedimento sui tagli di spesa approvato dal Parlamento ad agosto. Servirà a ridurre un po’ di personale. Solo che a livello nazionale non è stato molto strombazzato anche perché, a tutt’oggi, non è chiarissimo il meccanismo. La Sicilia si è portata avanti: l’assessore Vernuccio ha annunciato un intervento specificando che avverrà su base volontaria visto che l’anticipo dell’uscita a 61 anni inciderà sull’assegno. Forse non si farà in tempo nell’ultimo mese di legislatura. Ma sarà uno dei primi impegni della prossima maggioranza di cui l’assessore immagina di far parte, avendo presentato apposita candidatura alle elezioni...
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