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Borsellino, in via d'Amelio la protesta silenziosa

"La procura di Palermo è una delle più impegnate nella ricerca della verità sulle stragi". Queste le parole di Salvatore in via D'Amelio. Protesta dei manifestanti all'arrivo di Fini. E alle 16.58 il minuto di silenzio sul luogo della strage

PALERMO. Alle 16.58, l'ora in cui vent'anni  fa a Palermo esplose l'autobomba piazzata dalla mafia in via  d'Amelio, il previsto minuto di silenzio per commemorare la  strage in cui persero la vita Paolo Borsellino e i cinque uomini  della sua scorta è stato preceduto da altri dieci minuti di  silenzio, anch'essi in qualche modo previsti: il segno della  protesta annunciata già alla vigilia dal popolo delle «Agende  rosse», qualora sul luogo delle strage fossero giunti  rappresentanti delle istituzioni. All'arrivo del presidente  della Camera Gianfranco Fini, dal palco dove un gruppo di  magistrati si alternava al microfono, e tra fa folla che  riempiva la strada, il volume delle voci si è azzerato.     Chi aveva con sè un'agenda rossa - il diario di Borsellino  che non è stato mai trovato e che è diventato il simbolo della  richiesta di verità - l'ha sollevata in aria. È andata così  fino a quando un'attrice non ha spezzato il silenzio recitando  il «Canto per Paolo». E a quel punto Salvatore Borsellino,  fratello del magistrato ucciso, ha raggiunto Fini sotto l'albero  d'ulivo davanti al civico 19 dove esplose l'autobomba, e gli ha  stretto la mano, ringraziandolo. Poco dopo un ragazzo di Foggia,  Antonio Mancino, si è avvicinato a Fini, manifestando la  propria preoccupazione per l'iniziativa del capo dello Stato,  che ha sollevato un conflitto di attribuzione con la procura di  Palermo. Il presidente della Camera - che in mattinata aveva  partecipato al palazzo di giustizia a un convegno sulla strage e  che prima si era fermato davanti alla stele di Capaci che  ricorda Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della  loro scorta - l'ha rassicurato: «Napolitano - gli ha detto - è  il primo difensore della verità».     


Gli applausi, invece, hanno accolto i magistrati. E  un'ovazione è scoppiata quando Roberto Scarpinato, procuratore  generale a Caltanissetta, ha puntato il dito contro «quei posti  nelle prime file, riservati alle autorità, e tra queste  personaggi dal passato e dal presente equivoco».     Non è in vena di polemiche il procuratore aggiunto Antonio  Ingroia, che sul ricorso di Napolitano parla di «questione  giuridicamente controversa che sarà risolta dalla Consulta». E  aggiunge che «se ci fosse stata collaborazione tra istituzioni,  l'indagine sulle stragi non sarebbe durata vent'anni e non  sarebbe ancora incompleta». Ingroia invoca «una riforma della  legge sui pentiti per consentire a tutti quelli che sanno di  quella stagione di parlare. Se la politica vuole dare un segnale  forte deve consentire di aprire una nuova stagione, come quella  che 20 anni fa diede luogo a un numero tumultuoso di mafiosi che  raccontarono dei rapporti tra mafia e istituzioni. Avremo la  verit… quando si abbatter… il muro della reticenza istituzionale  degli uomini di quel tempo».     Tace il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso: «Ho  promesso che non dirò nulla», dice ai cronisti. Attizza le  polemiche, invece, Antonio Di Pietro, che giunto in via d'Amelio  si disfa della giacca e in maniche corte affronta le telecamere:  «Napolitano? Predica bene e razzola male. Perchè avanzare un  conflitto d'attribuzione proprio nel ventennale della strage?». 


Con il leader di Idv ci sono i sindaci di Napoli e Palermo,  Luigi De Magistris e Leoluca Orlando, tra i pochi politici  presenti in via d'Amelio, che stavolta si è riempita di gente  comune, dopo le scarse presenze degli anni precedenti, e  soprattutto di giovani, ai quali la vedova Borsellino,  attraverso i microfoni della Rai Agnese, rivolge un appello:  «Siete i soli in grado di raccogliere davvero il messaggio che  mio marito ha lasciato. Dopo alcuni momenti di sconforto ho  continuato e continuerà a credere e rispettare le istituzioni di  questo Paese come mio marito sino all'ultimo ci ha insegnato.  Non indietreggiando nemmeno un passo di fronte anche al solo  sospetto di essere stato tradito da chi invece avrebbe dovuto  fare quadrato intorno a lui. Io non perdo la speranza in una  società più giusta». Rita Borsellino, sorella del giudice,  parla in mattinata al palazzo di giustizia: «Non posso  tollerare - dice - che sia spento anche il ricordo di Paolo dopo  che è stata spenta la sua vita».    


 Sul luogo dell'eccidio, l'ultimo atto della cerimonia lo  compie Salvatore Borsellino, consegnando una medaglia ai  familiari degli agenti uccisi nella strage. Poi la folla si  sposta alla biblioteca comunale per un'orazione civile nel luogo  in cui Paolo Borsellino tenne il suo ultimo discorso pubblico il  25 giugno, tre settimane prima di essere ucciso. E in serata,  una fiaccolata di Giovane Italia è partita da piazza Vittorio  Veneto per arrivare in via d'Amelio. 

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